(DIRE) Roma, 20 set. - Non perdona la malattia che ti leva le mani. La capacita' lavorativa di chi e' colpito dall'artrite reumatoide viene infatti intaccata nel giro di 5 anni dall'insorgenza della malattia, con un calo del 33% gia' dal primo anno, fino ad arrivare ad una perdita del 50% in 10 anni. Sono 39 giorni lavorativi persi in media in un anno da ogni paziente e circa 11mila euro l'anno la perdita stimata in media per paziente dovuta a ritardi al lavoro, permessi, presenteismo. E i costi diretti ammontano a circa 1 miliardo 400 milioni l'anno mentre quelli indiretti riconducibili alla perdita di produttivita' sono pari a 981 milioni di euro. È quanto emerso nel corso del Convegno "Artrite Reumatoide: migliorare le aspettative, insieme e' possibile" organizzato oggi a Roma con l'obiettivo di mettere a fuoco con tutti gli stakeholder le azioni e gli strumenti per migliorare la vita dei pazienti e le ricadute di una patologia invalidante sul sistema paese. Una patologia che colpisce 400mila persone e il 75% sono donne.
Sintomi come fatica e dolore continuano ad essere i maggiori ostacoli dei pazienti sul luogo di lavoro, anche se la malattia impatta praticamente in tutte le attivita' quotidiane, a partire dalle cure personali. Sino a pochi anni fa tra il 32 e il 50% dei pazienti perdeva il lavoro entro dieci anni dalla diagnosi. Dei 99 milioni spesi tra il 2009 e il 2012 per la previdenza sociale dei malati di Artrite, il 54% e' stato versato per pensioni di invalidita'.
Ma grazie alle terapie piu' recenti e' possibile migliorare la capacita' lavorativa, diminuire il dolore e raggiungere l'obiettivo della remissione. Cosi' come e' fondamentale l'attivazione di Pdta efficaci per prevenire danni permanenti e ridurre i costi indiretti.
"È fondamentale un percorso diagnostico terapeutico per il malato reumatico, che abbia 3 principi fondamentali: diagnosi precoce e tempestiva, presa in carico e cure adeguate e mirate con l'obiettivo di un miglioramento della qualita' della vita - ha affermato la Presidente di Anmar Silvia Tonolo - nove pazienti su 10 affermano che l'Ar e' impattante negativamente sulla propria vita, 5 su 10 ritengono di sentirsi esclusi dalla societa'. Negli ultimi anni l'introduzione di nuovi farmaci ha cambiato in meglio la qualita' di vita dei pazienti, con ricadute positive anche sui costi indiretti, legati al danno permanente".
Secondo i dati tratti dal Database Meteor e Registro Gisea -Gruppo Italiano Studio Early Arthritis, su un'indagine effettuata per l'Artrite Reumatoide in Italia, Francia, Irlanda, Olanda, Portogallo, Spagna, Inghilterra e Usa, emerge che in Italia, il 24,1 % dei pazienti vive in una condizione di disabilita' severa contro l'8,7% dell'Irlanda, il 9,5% degli Stati Uniti, il 10% dell'Olanda e il 3.9% della Francia.
"Da circa 20 anni i malati reumatici e i reumatologi stanno vivendo un momento eccezionale e pieno di speranze anche per il futuro - ha sottolineato Mauro Galeazzi Docente di Reumatologia all'Universita' di Siena - dopo 100 anni di terapie, per lo piu' chieste in prestito da altre discipline, quasi sempre inefficaci e spesso pericolose per la salute, sono arrivati i farmaci biotecnologici che hanno cambiato non solo la storia naturale della artrite reumatoide. Infatti diagnosi precoce, terapia tempestiva e misurata sul paziente con obiettivo la remissione, prevenzione della disabilita' e quindi della cronicita' nella invalidita', sono obiettivi raggiungibili nell'Ar e in tutte le malattie croniche infiammatorie. Purtroppo L'Italia e' ancora terzultima in Europa nella prescrizione di farmaci biologici, seconda soltanto a Grecia e Portogallo".
"Spendiamo 22mld di euro per i farmaci, 17 di questi sono rimborsati e la maggior parte sono per le cronicita' - ha detto Stefano Vella, presidente di Aifa - alla luce dell'arrivo dei nuovi farmaci innovativi abbiamo la necessita' di sostenere l'accesso alle cure per tutti. Si sta lavorando su piu' fronti a cominciare da quello dell'appropriatezza che consentirebbe un importante risparmio e sostenere cosi' i farmaci innovativi, ma anche su linee guida per capire quali sono i farmaci ormai superati. Stiamo anche cercando di velocizzare l'approvazione dei farmaci innovativi, ma serve comunque un confronto tra istituzioni Regioni esperti e cittadini per arrivare a concordare un percorso comune. Bisogna anche fare ricerca sui sistemi sanitari per innovare il modo di portare le cure".
Non solo sostenibilita' economica, per la presa in carico totale dei pazienti c'e' bisogno di organizzazione e, in questo senso, la rete territoriale assistenziale integrata, che mette funzionalmente insieme strutture di primo, secondo e terzo livello, e i Pdta rappresentano gli strumenti piu' idonei.
"Ove questo tipo di organizzazione sia stato attuato, il consultivo dell'utilizzo dei farmaci biotecnologici e' stato straordinario sia sul piano dei risultati clinici che su quello del risparmio economico - ha aggiunto Galeazzi - risultati che sono ben descritti in letteratura: remissioni sempre piu' numerose e durature nel tempo della malattia, impedimento della comparsa del danno articolare o blocco della sua progressione, riduzione della disabilita' e della cronica invalidita', abbattimento dei costi indiretti legati alla disabilita' (Anis A Rheumatology 2009), riduzione del numero e durata dei ricoveri, miglioramento della qualita' della vita con riduzione del numero delle giornate lavorative perse. A questo si aggiungono il piu' frequente recupero dell'attivita' lavorativa per riacquisizione dell'abilita' a compiere il lavoro (work ability), la riduzione degli interventi di protesi (Olofson T Ard -2010) e la riduzione della mortalita' sia generale che per problematiche cardiovascolari (Low AS Ard 2016,) sino alla cost-effectiveness degli agenti biologici in modelli e studi di farmacoeconomia in termini di Qaly con un Incremental Cost-Effectivenes-Ratio al di sotto della soglia dei 50mila euro. (Joensuu JT Plos One 2015)".
Una corretta gestione della patologia cronica necessita quindi di una strategia a lungo termine. "Una risposta - ha concluso Tonolo - potrebbe essere data da un fondo ad hoc, che supporti il Piano Nazionale Cronicita' e che si autofinanzi grazie ai risparmi, derivanti inevitabilmente da cure piu' puntuali, che di fatto possono rallentare la progressione della malattia evitando spese aggiuntive. Diagnosi precoce ed una terapia efficace sono da considerare un vero e proprio investimento sociale ed economico, in quanto consentono a cittadini, altrimenti destinati ad una rapida inabilita', di continuare ad essere produttivi sia socialmente, che nel mondo del lavoro".
(Wel/ Dire)