(DIRE) Roma, 10 ott. - Nati in un corpo che non sentono conforme al genere in cui si riconoscono, uomini che si sentono donne e donne che si identificano nel genere maschile: la disforia di genere (Dig) e' uno stato di disallineamento forte e persistente fra l'identita' di genere, ossia la percezione che un individuo ha del proprio se' in quanto uomo o donna e il sesso assegnato alla nascita secondo i dati biologici e cromosomici per cui convenzionalmente gli individui sono contrassegnati come maschi o come femmine. Sono circa 5mila le persone in Italia in questa condizione, il rapporto e' di 3 a 1, con una prevalenza di 1 su 10/12mila maschi e di 1 su 30mila femmine.
"La disforia di genere e' difficilmente compresa- spiega Piernicola Garofalo, presidente Ame Onlus- perche' viene spesso confusa con il travestitismo e legata a contesti quali prostituzione o tossicodipendenza con cui nulla ha in comune. Il desiderio di cambio di genere non e' dettato da una preferenza sessuale ma e' una questione di identita' e risponde alla domanda: 'Chi sono?'".
A questo tema sara' dedicato il convegno 'Trans-Ame: trattiamo il genere' promosso dall'Associazione Medici Endocrinologi Ame con il patrocinio del Comune di Milano, che si svolgera' a Milano il 12 ottobre. "I problemi nell'identita' di genere- fanno sapere gli esperti- appaiono generalmente gia' nei primi 5 anni di vita cogliendo i genitori del tutto impreparati anche solo a considerare e accettare qualcosa che faticano a comprendere. Il piccolo, o la piccola, si trovera' solo a combattere contro le aggressioni dei compagni di giochi e, subito dopo, contro il bullismo a scuola". Dopo il compimento della maggiore eta' la persona con disforia di genere potra', se avra' maturato questa decisione, avviare il processo di transizione che puo' essere "molto lungo", fa sapere l'avvocato Gianmarco Negri, e prevede "innanzitutto uno o piu' colloqui con uno psichiatra che deve certificare che la persona rientra nei parametri della disforia di genere".
A questo punto, ottenuto il nulla osta, interviene l'endocrinologo che prescrivera' le terapie ormonali. "Si apre cosi' una fase che i protocolli indicano come obbligatoria di 'real life test'- spiega ancora l'avvocato Negri- della durata di 10-12 mesi circa, durante i quali la persona deve vivere con i vestiti del genere opposto, scegliere un nome con il quale essere appellata e sperimentare concretamente come si sente nell'identita' alla quale sente di appartenere. La persona trans dovra' quindi tornare dallo psichiatra e dall'endocrinologo per ottenere le relazioni relative al percorso fino a quel momento compiuto. Ma, per poter realizzare gli interventi (se desiderati ed ora non piu' obbligatori) ed ottenere la rettifica anagrafica, la persona trans, avvalendosi di un avvocato, dovra' sottoporre le proprie richieste ad un giudice. Puo' accadere che il magistrato non ritenga sufficienti le relazioni prodotte dalla parte e che disponga una Ctu (Consulenza tecnica d'ufficio) con aggravio di costi e tempi per la persona che subisce, cosi' una palese ulteriore privazione della liberta' di scelta e negazione del principio di autodeterminazione. In Italia non esiste una norma che obblighi il riconoscimento di una persona con l'identita' percepita nonostante esista una raccomandazione europea".
Il periodo di transizione senza i documenti validi e' "uno dei piu' difficili- prosegue Antonia Monopoli, responsabile dello Sportello Trans di Ala Milano Onlus- tenuto conto il periodo a partire dal real life test (test di vita reale) fino al momento del riconoscimento legale della nuova identita', che varia di anni da persona a persona. In questo periodo i documenti di identita' e l'aspetto della persona non coincidono, portando a una serie di problemi importanti: in caso di ricovero in ospedale la persona trans sara' collocata nel reparto che corrisponde a quello del documento e non a quello di appartenenza".
Anche nel lavoro, aggiunge Monopoli, le persone trans "sono discriminate indipendentemente dalle competenze. La privacy e' continuamente negata dovendo spiegare la propria condizione tutte le volte che e' necessario presentare un documento di identita': in occasione di elezioni per esprimene il proprio voto, per viaggiare in aereo, ma anche semplicemente alla posta per il ritiro di una raccomandata con un evidente conflitto con il diritto al rispetto della vita privata e familiare, sancito dall'articolo 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo (Cedu)". Anche gli studenti universitari hanno problemi: alcuni atenei accolgono la possibilita' di un doppio libretto (uno resta in segreteria) e l'altro per gli esami; la situazione nelle scuole superiori o medie e' anche peggiore. In caso di arresto si e' collocati in un carcere maschile anche se l'aspetto e' femminile (e viceversa) con i problemi che si possono comprendere.
Una volta completata la transizione i problemi non finiscono: il cambio di codice fiscale e della carta d'identita' hanno eliminato una persona e ne hanno creata un'altra ma in questo modo si e' perso tutto il bagaglio di informazioni. Soprattutto da un punto di vista medico la transizione non cancella le malattie e la propria storia clinica. La modulistica medica di raccolta dell'anamnesi prevede solo i generi maschio e femmina, ma una persona trans non puo' essere incasellata in queste categorie. L'introduzione di nuove categorie, FtM per una persona che da donna ha assunto l'identita' maschile e MtF per il contrario, sarebbero necessarie per evitare lunghe spiegazioni per ottenere interventi appropriati. La nuova identita' infatti non cancella la propria natura e tutta una serie di parametri, ad esempio, quelli ematici non rientrano perfettamente ne' in quelli di un uomo ne' in quelli di una donna.
"La sola esistenza riconosciuta del genere M o F nella documentazione medica- dicono gli esperti- non consente la raccolta di dati e casistiche sulle persone trans utili per comprendere quali possono essere i problemi che il processo di transizione porta con se': oggi, a parte la buona volonta' di singoli medici, non c'e' la possibilita' di tracciare le condizioni di salute delle persone trans. Studi sugli effetti a lungo termine dei farmaci assunti sarebbero utili ma necessiterebbero di una mappatura".
Il processo di transizione e' spesso un momento atteso da anni e carico di grandi aspettative che porta a volere tutto subito e a sottovalutare le implicazioni mediche che il passaggio comporta. "Il medico opera con la principale indicazione di non nuocere ma gli interventi che consentono la transizione sono 'innaturali' e l'organismo non risponde a comando. Qualunque cura o intervento chirurgico- spiega Stefania Bonadonna, endocrinologo e coordinatore del gruppo di lavoro Ame sulla disforia di genere- ha possibili effetti collaterali tanto piu' se e' mirato a una trasformazione che il corpo umano non prevede e hanno la necessita' di tempi che spesso i pazienti non comprendono. La terapia medica e' complessa e deve essere personalizzata e questo la rende abbastanza disomogenea. Anche gli studi clinici, sia per il numero esiguo di pazienti che per la mancanza di fondi, sono spesso insoddisfacenti e va ricordato che la genetica non si cambia con il codice fiscale".
L'Associazione medici Endocrinologi, ha creato un gruppo di lavoro dedicato alla disforia di genere con l'obiettivo di favorire la formazione degli operatori promuovendo incontri per supportare e orientare le persone con Dig. Il gruppo ha anche la finalita' di creare una rete endocrinologica esperta sul territorio nazionale, con almeno un centro per regione, che possa dare risposte sulla base delle esperienze piu' avanzate sul nostro territorio, predisporre linee guida condivise, raccomandazioni sui trattamenti e poter essere un punto di riferimento per le persone che hanno difficolta' a trovare centri e strutture in grado di proporre interventi appropriate.
(Wel/ Dire)