(DIRE) Roma, 10 nov. - In un caso di lesioni provocate dal parto l'ospedale pubblico dove e' avvenuto l'intervento non ha l'obbligo di diagnosi, terapia e cura per il solo fatto di essere stato chiamato a eseguire in passato l'esame ecografico e non ha responsabilita' se il danno procurato al paziente non era prevedibile in quanto la rapidita' con cui e' stato eseguito il parto non avrebbe consentito alcuna scelta alternativa.
Inoltre, deve essere escluso che un ospedale pubblico possa rispondere dell'errore commesso da un medico libero professionista che ha trascurato interventi diagnostici precedenti il parto, solo perche' nella struttura erano stati eseguiti in passato vari accertamenti.
A stabilirlo e' la Cassazione, sezione lavoro, con la sentenza n. 26518/17 depositata il 9 novembre.
IL FATTO A seguito di un parto era nato un bambino con una grave lesione al plesso brachiale destro e la richiesta di risarcimento e di riconoscimento del danno era basata su fatti a cui la Corte di Appello di Napoli ha risposto che "all'epoca dei fatti non esisteva un esame sicuro per prevedere con certezza la macrosomia del feto. Non vi era, poi, alcun dato clinico che consentisse ai sanitari di sapere se la donna avesse il diabete". E conclude affermando che la donna si era presentata in ospedale a travaglio gia' iniziato tanto che il parto era avvenuto solo 30 minuti dopo il ricovero.
I ricorrenti hanno proposto ricorso per Cassazione sottolineando che era l'ospedale a dover rispondere del danno perche' li' la donna, in precedenza, aveva effettato gli accertamenti di routine su prescrizione del proprio ginecologo, estraneo all'ospedale.
LA SENTENZA La Cassazione ha risposto chiaramente che "in primo luogo, va ovviamente escluso che un ospedale pubblico possa essere chiamato a rispondere dell'errore commesso da un medico libero professionista, solo perche' ivi siano stati eseguiti gli accertamenti da questo prescritti. Manca, in tal caso, qualsiasi criterio di imputazione all'ospedale dell'operato del sanitario: non quello di cui all'art. 1228 c.c., non quello di cui all'art. 2049 c.c., non il principio cuius commoda, eius et incommoda".
Ancora la sentenza sottolinea che non e' fondata la tesi che un ospedale, per il solo fatto di essere stato chiamato ad eseguire un esame ecografico, assuma per cio' solo l'obbligo di diagnosi, terapia e cura. La richiesta di un esame ecografico impone al debitore (l'ospedale) di eseguire con diligenza ii suddetto esame; ma nemmeno la piu' lata interpretazione dell'art. 1374 c.c. potrebbe condurre ad affermare che, richiesto un esame diagnostico, il personale sanitario che lo esegue assuma l'obbligo di sostituirsi al medico curante, gia' scelto dalla paziente, assumendone tutti gli obblighi e gli oneri".
Secondo i giudici "il massimo esigibile dal medico o dalla struttura specialistica chiamati ad eseguire un esame diagnostico, oltre il dovere di eseguire quest'ultimo con diligenza, e' l'obbligo di informare ii paziente circa l'emergere di sintomi dubbi od allarmanti: ma nel presente giudizio il profilo di colpa consistito nell'eventuale violazione del diritto della gestante all'informazione non e' mai stato tempestivamente prospettato, come gia' ritenuto dalla Corte d'appello con statuizione passata in giudicato".
E quindi, detto questo, la Cassazione ha rigettato l'appello e condannato i ricorrenti anche al pagamento delle spese.
(Wel/ Dire)