(DIRE) Roma, 16 mar. - Dalla "medicina delle cure" alla "medicina dei desideri"; dalla 'restitutio ad integrum' del soggetto malato' alla 'transformatium ad optimum' della persona sana; dal 'guarire' al 'perfezionare': è questo il cambio di paradigma della medicina moderna, che non solo previene, cura e riabilita, ma potenzia, ottimizza, migliora l'aspetto e le performance. Ecco allora che diventa possibile non solo modificare i tratti somatici con la chirurgia plastica, migliorare l'aspetto con la medicina estetica, incrementare le prestazioni sportive, ma anche rallentare l'invecchiamento, riprodursi oltre il limite d'età naturale, aumentare la memoria e le potenzialità cognitive e persino cancellare selettivamente ricordi traumatici o sgraditi. Ma se una cosa è tecnicamente fattibile, è sempre anche lecita? A questi nuovi aspetti della pratica medica, e alle implicazioni etiche, giuridiche, economiche, oltre che strettamente cliniche e deontologiche, la Fnomceo ha dedicato - a due anni dall'emanazione del Codice Deontologico e del nuovo articolo 76 - il Workshop "La Medicina Potenziativa: intersezioni e questioni", che si è tenuto a Roma al NH Leonardo Da Vinci, in via dei Gracchi 324.
"L'articolo 76 del Codice di Deontologia Medica - spiega Maurizio Grossi, coordinatore della Consulta Deontologica della Fnomceo - introduce un concetto nuovo nel dibattito etico e dentologico. Il termine potenziamento può essere la traduzione della parole inglese 'enhancement'. Pertanto la medicina potenziativa comprende tutti gli interventi, non strettamente terapeutici, finalizzati a migliorare e potenziare le fisiologiche capacità psico-fisiche dell'uomo: prodotti chimici che potenziano le performance cognitive e della sfera emotiva, impianti neuronali, modificazioni genetiche, tecniche per l'allungamento della vita e non ultimo il 'miglioramento' della sfera morale per via tecnologica. Da qui l'importanza di un dibattito sugli aspetti etici e deontologici del tema, che definisca il campo di applicazione, il ruolo del medico e, non ultimo, quali limiti dare a questa pratica".
"Da anni il valore sociale della salute è aumentato, divenendo una espressione assai prossima alla felicità, da un lato, e a un dovere sociale dall'altro - afferma Maurizio Benato, componente del Comitato Nazionale per la Bioetica in rappresentanza della Fnomceo -. Il potenziamento sta diventando un vero e proprio fine della medicina, modificando persino la nozione di bene del paziente, nel senso di farlo coincidere con la massimizzazione del benessere e con l'aumento delle opportunità per condurre un'esistenza migliore".
"Occorre, a mio avviso, accettare la sfida - conclude Benato -, facendosi carico, in quanto medici, della vulnerabilità umana che è l'humus nel quale l'esistenza umana si manifesta e la progettualità della vita di ciascuno si esprime. Sono proprio i modi e i gradi della condizione di vulnerabilità, nella quale si sviluppa nel tempo l'identità biografica di ciascuno, che devono richiamare le attenzioni di chi intende agire con l'obiettivo di ridurne il peso".
(Wel/ Dire)