Roma, 2 feb. - L'odissea di una mamma inizia quando con il nuovo anno il pediatra di base dei suoi figli va in pensione. Dopo l'addio alla professione dello specialista la donna ne cerca subito un altro, ma ben presto si accorge che trovarlo non è così facile. Non si scoraggia, però, e decide di andare nella sua Asl di riferimento dove scopre che il pediatra non è stato ancora sostituito e in più nella sua zona tutti gli altri sono già pieni. Niente pediatra vicino, dunque, dovrà accontentarsi di uno con lo studio in un altro quartiere.
E questa è solo l'ultima delle tante segnalazioni di quotidiana ricerca: perché cambiare un pediatra a Roma è sempre più difficile, fanno notare dalla Fimp Lazio, costola regionale della Federazione italiana dei medici pediatri. Complici la cifra crescente dei pensionamenti, un turn over ai minimi termini e l'esiguo numero dei neo specialisti. Tra tre anni, sempre per la Fimp, le cose potrebbero peggiorare ulteriormente se si considera il previsto esodo dei professionisti per raggiunto limite di età a partire dal 2020.
"Nel Lazio i pediatri sono 778, di questi circa la metà lavora nella Capitale", spiega Teresa Rongai, segretario regionale Fimp per il Lazio. Che poi aggiunge: "A Roma, come in altre città italiane, molti pediatri di famiglia hanno raggiunto il tetto massimo di 800 bambini assistiti, una quota cui si possono aggiungere 80 piccoli pazienti in deroga, tra fratellini di assistiti e neonati entro tre mesi di età".
Insomma per Rongai "il Lazio come altre Regioni, ha una carenza cronica di specialisti senza contare che l'età media degli specialisti oscilla tra i 45 e i 64 anni". Non solo: di quei 778 pediatri in 619 hanno già raggiunto il massimale previsto. A conti fatti, dice la pediatra "nel nostro territorio servirebbero almeno mille pediatri di base in più, perché per fortuna i bambini continuano a nascere e noi li seguiamo per molti anni. Il problema è che le nuove leve non bastano a colmare i vuoti lasciati dai pensionamenti. E a soffrire non è solo la pediatria di famiglia: anche fra gli ospedalieri c'è carenza di specialisti".
Va detto, però, fa notare Rongai "che il sistema sanitario pubblico per gli under-14 regge e a volte la carenza di pediatri convenzionati presenti sul territorio viene colmata dalla possibilità che hanno i genitori di iscrivere il proprio bambino, a partire dai sei anni in poi, dal medico di medicina generale: senza nulla togliere ai colleghi come categoria vorremmo poter seguire i ragazzi fino a 14 anni". Del resto in altri Paesi i ragazzi dicono addio al proprio pediatra a 18 anni.
Articolo tratto da Il Messaggero (Wel/ Dire)