(DIRE) Roma, 13 dic. - Ad oggi, in Italia, mancano studi epidemiologici nazionali sulla reale incidenza e sulla prevalenza delle Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali. "Conoscere la reale incidenza di una patologia permette di identificarne possibili fattori di maggiore esposizione al rischio di svilupparla, cosi' come la prevalenza ne permette di stabilire anche il peso sociale" spiega in un comunicato il dott. Fernando Rizzello, Segretario Nazionale IG-IBD (Italian Group for the study of Inflammatory Bowel Disease) e Azienda Ospedaliera S.
Orsola- Malpighi di Bologna.
Gia' il documento programmatico stilato dal Ministero della Salute con il coordinamento di IG-IBD nel piano delle cronicita' 2014-2016 vedeva nell'assenza di un dato epidemiologico una criticita' che andava risolta quanto prima. "È per questo motivo che, quando l'Istituto Superiore di Sanita' ha lanciato il progetto di un registro nazionale delle IBD, IG-IBD non solo ha aderito all'iniziativa con entusiasmo, ma ha anche offerto una partnership concreta per far decollare il progetto" ha aggiunto il dott. Rizzello. La societa' scientifica IG-IBD e' cosi' convinta della necessita' di uno registro sulle IBD che non solo ha accettato di mettere a disposizione dell'Istituto Superiore di Sanita' la propria esperienza di settore e tutti i centri affiliati ma, per far partire quanto prima il progetto, ha messo a disposizione dell'Istituto Superiore di Sanita' 150.000Ç quale donazione liberale. "Il registro, non solo permettera' uno studio epidemiologico di questa patologie, ma ne valutera' l'andamento clinico, le necessita' di organizzazione sanitaria e, non ultimi, i costi sociali diretti ed indiretti".
Le malattie infiammatorie croniche dell'intestino (IBD, inflammatory bowel disease), ossia la Colite Ulcerosa e la Malattia di Crohn, in Italia hanno un'incidenza medio-alta, in aumento negli ultimi decenni. Queste patologie possono presentarsi in qualsiasi eta', ma piu' frequentemente compaiono tra i 20 e i 30 anni, impattando in maniera significativa sulla qualita' di vita dei soggetti affetti. Il 20% di tali patologie esordisce addirittura in eta' pediatrica, con notevoli ripercussioni non solo a carico del bambino affetto, ma anche a livello familiare. In questa fase giovanile, il soggetto impara che ha una patologia cronica, destinata a perdurare per tutto il corso della sua vita; sara' obbligato a prendere costantemente medicine, dovra' sottoporsi regolarmente a controlli e talvolta a interventi chirurgici.
La diagnosi e il decorso clinico delle malattie sono al centro dell'azione degli specialisti della societa' scientifica IBD, con l'identificazione delle nuove strategie terapeutiche per la gestione delle patologie, l'uso dei farmaci biologici, per una medicina che sia di precisione, nuovi paradigmi di trattamento per le IBD, la ricerca di base e la medicina traslazionale, la gestione integrata e multidisciplinare di tali malattie, i nuovi biologici di prossimo impiego, ottimizzazione della safety della terapia convenzionale e della terapia biologica, gestione delle IBD non aggressive.
"Attualmente in Italia si stima che siano affette da colite ulcerosa o malattia di Crohn tra le 200 e le 250mila persone; in Europa i dati ufficiali ci dicono che ne soffrono in oltre due milioni" spiega il dott. Marco Daperno dell'Ospedale Mauriziano di Torino. "In passato queste malattie portavano al decesso, con picchi, negli anni '70, del 30-35%. Oggi il rischio di mortalita' legato alla patologia non e' del tutto scomparso, ma i progressi scientifici hanno ridotto il dato all'1-2% circa. Tuttavia le malattie infiammatorie croniche intestinali hanno un notevole impatto sulla quotidianita' del soggetto affetto: scuola e universita', attivita' lavorativa, vita sociale e familiare possono essere colpite a causa di assenteismo, depressione, mancato guadagno, assenza dal lavoro per malattia, difficolta' nelle relazioni personali, discriminazione".
Circa il 50% dei pazienti con malattia di Crohn ed il 20% dei pazienti con colite ulcerosa, inoltre, necessitano di intervento chirurgico entro 10 anni dalla diagnosi, che puo' ulteriormente impattare sulla qualita' di vita dei pazienti stessi. Esiste, inoltre, una qualche predisposizione familiare nello sviluppo della malattia; infatti, un paziente su cinque ha uno o piu' parenti stretti affetti da malattia di Crohn o colite ulcerosa.
(Wel/ Dire)