(DIRE) Roma, 3 ago. - Fronteggiare le offensive anti-scientifiche e' una sfida fondamentale per scienziati e medici, chiamati a riflettere sulle strategie di comunicazione piu' efficaci per vincere la disinformazione dilagante che trova nella rete il suo potente amplificatore mediatico. Cosi' l'Aifa in un editoriale sul proprio sito.
Nella sfera della salute i vaccini rappresentano senza dubbio il caso emblematico. Basti pensare a quanto, negli ultimi vent'anni, il movimento "no-vax" abbia affinato gli strumenti di propaganda generando un sostrato di pseudo-cultura anti-scientifica che ha finito per attecchire anche in fasce di popolazione di livello socio-culturale medio-alto. Senza il benche' minimo fondamento di verita', una delle piu' straordinarie conquiste della medicina moderna si e' tramutata cosi' in un bersaglio di attacchi assurdi, mirati alla delegittimazione delle Istituzioni e della scienza e orientati all'ormai diffuso complottismo antisistema, divenendo oggetto di crescente diffidenza e persino ostilita' in frange sempre piu' ampie dell'opinione pubblica.
In Italia e' stata intrapresa la strada dell'obbligatorieta' delle vaccinazioni pediatriche, come argine a una disaffezione che sta mettendo a repentaglio la protezione della popolazione da malattie potenzialmente gravi o a rischio di pericolose complicanze. Anche in Francia il Governo ha annunciato che ricorrera' all'obbligo vaccinale. Tuttavia, il ricorso a queste misure e' segno che dobbiamo fare di piu' e meglio nel comunicare la scienza, anche perche' le politiche di salute pubblica sono tanto piu' efficaci quanto piu' pienamente condivise dalla popolazione.
"Lasciar parlare i fatti", che nel contesto scientifico significa fare affidamento su evidenze solide e documentate, finora non e' stato sufficiente. I medici riscontrano spesso difficolta' con i pazienti, sempre piu' condizionati da informazioni di dubbia attendibilita' reperite il piu' delle volte attraverso autonome ricerche in rete.
In un recente editoriale ("Resisting the Suppression of Science") apparso sul The New England Journal of Medicine, il medico Lisa Rosenbaum, partendo proprio dalla propria esperienza professionale, si chiedeva le ragioni di questo fallimento.
Innanzi tutto - osservava - e' fondamentale riconoscere che la negazione della scienza non provoca scetticismo; piuttosto, lo scetticismo, in particolare riguardo a temi scientifici altamente politicizzati, crea un ambiente culturale in cui la negazione della scienza e' tollerata. Quindi la vera questione e': come resistere efficacemente? Come convincere un pubblico scettico a credere nella scienza? L'Autrice suggeriva che dovremmo smettere di supporre che lo scetticismo rifletta necessariamente un deficit di conoscenza e possa quindi essere risolto contrapponendo i fatti. Quando il dubbio e' permeato dall'identita' culturale o investe emozioni forti, i fatti spesso non solo non riescono a persuadere, ma possono anche rafforzare lo scetticismo. Un fenomeno, noto come biased assimilation, che e' stato dimostrato su una serie di temi, dalla pena di morte al cambiamento climatico ai vaccini.
A sostegno di questa tesi, la Rosembaum riportava quanto emerso in due studi. Il primo ha rivelato che i genitori esitanti nel vaccinare i figli sono divenuti anche meno inclini alla vaccinazione dopo aver ricevuto informazioni che smentivano il mito che i vaccini causino l'autismo.
Il secondo studio ha osservato come i "miti culturalmente antagonistici" influenzino la capacita' delle persone di elaborare informazioni su una questione scientifica assolutamente neutrale come il virus Zika. Poiche' tra le cause della diffusione del virus suggerite da alcuni si citavano il riscaldamento globale e l'immigrazione, entrambi argomenti estremamente forti, i ricercatori hanno valutato l'influenza dell'esposizione a tali argomenti sul modo in cui gli intervistati percepivano la minaccia di Zika. Chi era diffidente verso la scienza del clima diventava piu' scettico sulla minaccia di Zika quando la causa ipotizzata era il riscaldamento globale; i favorevoli al globalismo e all'apertura dei confini percepivano meno rischioso il virus quando la sua origine veniva ricondotta all'immigrazione.
E cio' perche', ricordava la Rosembaum, costretti a scegliere tra "riconoscere cio' che e' noto alla scienza" e mantenere la nostra identita' di gruppo, la maggior parte di noi sceglie la seconda opzione. Pertanto definire "idioti" o pericolosi gli scettici sui vaccini e' probabilmente controproducente, soprattutto perche' ci troviamo ad affrontare una reazione culturale contro le "elite" accademiche.
Anche su argomenti che tendono a polarizzare l'opinione pubblica l'Autrice suggeriva quindi "una resistenza piu' misurata" e concludeva che ½se lo scopo della comunicazione e' tradurre la scienza in una politica pubblica che possa migliorare la salute della popolazione dobbiamo concentrarci, e urgentemente, su come affrontare in modo efficace gli attacchi alla scienza".
Un invito che dovremmo cogliere anche noi, iniziando dalla comprensione dei fattori che influenzano l'opinione pubblica e la sua interpretazione dei fatti scientifici e puntando sulla massima trasparenza, che e' la chiave per (ri)conquistare la fiducia dei cittadini e l'autorevolezza che rivendichiamo, come scienziati, come medici e come Istituzioni. L'esempio deve partire proprio dalle Istituzioni pubbliche, che hanno il dovere etico di dare risposte concrete ed esaustive ai cittadini, specie su questioni delicate come la salute. È per questa ragione che, in tema di vaccini, l'AIFA ha deciso di spingersi oltre gli obblighi imposti nello specifico dalla legge, e ha pubblicato a partire dal 19 luglio sul sito istituzionale i report delle segnalazioni di sospette reazioni avverse da farmaci (e vaccini) inserite nella Rete Nazionale di Farmacovigilanza. Un passo che ritengo opportuno e doveroso proprio perche' l'obiettivo quotidiano del nostro lavoro e' garantire e agire sempre nell'interesse esclusivo dei cittadini.
(Wel/ Dire)