(DIRE) Roma, 18 ott. - La Corte di Cassazione - VI sezione penale, sentenza 5 luglio 2016 (depositata il 29 settembre), n. 40753 - interviene sulla problematica relativa al diritto del paziente all'interno di un pronto soccorso di essere visitato e dell'obbligo del medico di visitarlo approfondendo i rapporti tra il triage e la prestazione di pronto soccorso vera e propria. In altre parole potremo domandarci se un paziente, una volta effettuato il triage, possa vedersi differita la prestazione per decisione discrezionale del medico di pronto soccorso non impegnato in altre urgenze.
IL FATTO E LA VICENDA PROCESSUALE Una signora si presenta al pronto soccorso alle 4,30 del mattino lamentando un dolore al braccio sinistro con un intensità pari a 9 (nella scala da 1 a 10) a seguito di una caduta accidentale.
L'infermiera del triage gli attribuisce un codice verde. La stessa infermiera chiama il medico - è un piccolo pronto soccorso - che si era recato a riposare. Il medico risponde dando indicazione verbale di somministrazione di un antidolorifico, ritiene di non procedere a visita e demanda all'infermiera la comunicazione con la paziente chiedendogli di rimanere al pronto soccorso fino alle ore 8 per effettuare controlli radiografici. In quel momento al pronto soccorso non c'erano altri pazienti e il medico di guardia aveva terminato l'ultima visita alle ore 3 del mattino. La paziente torna a casa e si ripresenta alle 8 in pronto soccorso dove viene visitata da altro medico e alle ore 10 le veniva eseguita la radiografia con la quale gli veniva diagnosticata una frattura scomposta dell'omero sinistro. Il giorno successivo veniva operata.
Nei primi due gradi di giudizio il medico viene condannato per rifiuto di atti d'ufficio.
Nel ricorso per Cassazione il medico operava dei distinguo: - non corrispondeva al vero il fatto di essersi rifiutato di visitare la donna, bensì di averne soltanto "disposto il differimento" senza indicare alcun orario; - non corrispondeva al vero il fatto di avere rimandato la visita al solo scopo di rimettere l'incombenza al medico subentrante come sostenuto dalle infermiere; - aveva correttamente prescritto i presidi farmaceutici necessari a curare i sintomi del dolore e dilazionato la visita medica della paziente, in quanto si trattava di un caso con codice verde, dunque non urgente; - che erano necessari ulteriori accertamenti radiologici che potevano essere effettuati in mattinata; - che non esiste un obbligo di legge che ponga in capo al medico l'obbligo giuridico di visitare immediatamente, o in un tempo ridotto o nel rispetto di una tempistica determinata, il paziente che accede al pronto soccorso con attribuzione di codice verde attribuito al triage; - che il medico ha il potere discrezionale di differire la visita di una paziente che si presenta al pronto soccorso; - che i protocolli ospedalieri - in questo caso quelli di triage - non hanno efficacia vincolante.
La Corte di Cassazione ha dichiarato infondato il ricorso sulla base delle argomentazioni che seguono. In primo luogo opera la conferma della sussistenza del reato di rifiuto di atti d'ufficio in quanto il carattere di urgenza ricorre nel caso in cui al medico di guardia "sia richiesto di prestare il proprio intervento da personale infermieristico e medico con insistenti sollecitazioni, non rilevando che il paziente non abbia corso alcun pericolo concreto per effetto della condotta omissiva".
Da questo principio discende il fatto che il paziente che si presenta al pronto soccorso ha "il pieno diritto" a cui corrisponde il "correlativo dovere del sanitario (medico) di turno" a essere sottoposto a visita medica. Per i supremi giudici il codice di triage all'atto dell'accettazione vale soltanto a definire un ordine di visita fra più pazienti in attesa, ma non ad esentare il medico dal dare corso alla visita stessa laddove sia, la patologia valutata al triage, non grave. In particolare, nel caso di specie, si trattava di persona anziana, con dolore acuto (intensità 9 su scala di 10) e a fronte delle reiterate sollecitazioni del personale infermieristico, definito in sentenza come personale "qualificato e in grado di valutare l'effettiva necessità della visita immediata da parte del medico".
Continua la Corte affermando che il differimento di una visita potrebbe essere ritenuto legittimo solo se l'esame radiologico non avrebbe potuto essere espletato durante la notte.
Correggendosi e integrandosi la Corte prosegue affermando che a prescindere da questo aspetto, era dovere del medico di turno del pronto soccorso apprestare le prime cure, verificare la gravità della situazione e "formulare una prima diagnosi".
Conferma quindi della condanna per rifiuto di atti d'ufficio in quanto il medico aveva il "dovere di porre in essere quale medico di turno del pronto soccorso" la visita dovuta in quanto richiesta dal personale infermieristico, "in una situazione di oggettivo rischio per la paziente, in considerazione dell'età e dell'intensità del dolore da ella riferito".
(Wel/ Dire)