(DIRE) Roma, 6 lug. - "Il cuore della questione è che nuovo non è sinonimo di innovativo. Il prezzo dei costosissimo nuovi farmaci oncologici (fino a un milione di dollari a terapia) è quasi del tutto indipendente da guadagno apportato in termini di sopravvivenza libera dalla progressione della malattia. Mettendo infatti in correlazione il prezzo con il miglioramento dell'esito, si scopre che solo una minima porzione di questo, pari al 13-16%, è giustificata dall'entità del miglioramento in termini di salute". Lo ha detto Giuseppe Traversa, del comitato scientifico dell'Istituto superiore di Sanità, intervenendo al convegno 'Destinazione salute' organizzato dalla Fiaso (Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere) a Roma presso la Sala Tirreno della Regione Lazio.
"Il problema, come denunciato a febbraio dal 'New York Times'- ha proseguito- è che non si riescono a controllare neppure i prezzi dei medicinali a brevetto scaduto, che anzi in alcuni casi subiscono incrementi enormi. Le vie di uscita adottate da altri Paesi possono essere quella del prezzo per Qaly (Quality Adjusted Life Years), unità di misura degli incrementi di aspettativa di vita connessi agli interventi sanitari. Nel qual caso bisognerebbe valutare il vantaggio anche in termini di risparmio per altre voci di spesa assistenziali. Questo presuppone voler adottare la politica del 'no grazie' quando si deve pagare un prodotto nuovo, ma sovrapponibile a uno già presente sul mercato ma meno costoso".
Secondo Traversa occorre quindi definire "qual è il contribuito aggiuntivo che possa far accettare il maggior prezzo- ha sottolineato- ad esempio se per un antitumorale devono essere accettabili 3 o 6 mesi di sopravvivenza. Oppure la scelta può essere quella verso la quale si stanno indirizzando diversi Stati Usa di contenere i prezzi chiedendo procedure trasparenti per conoscere quanto è stato investito in ricerca". Infine c'è l'appropriatezza prescrittiva, sulla quale "c'è ancora da lavorare e che vede il Lazio consumare per ciascun assistito 5 volte più dosi di farmaci di quelle consumate dagli abitanti veneti o dell'Emilia Romagna", ha concluso l'esperto dell'Iss.
(Wel/ Dire)