(DIRE) Roma, 7 giu. - Che rapporto ci può essere tra social media (facebook, twitter, youtube, blog, instagram...) e il mondo delle terapie oncologiche? È una relazione virtuosa oppure i rischi di cattiva e non-verificata informazione superano le opportunità offerte anche in questo campo dalla comunicazione digitale? Numerose comunicazioni del meeting annuale dell'Asco a Chicago - già nel 2014, l'American society of clinical oncology ha avviato un Social Media Working Group per analizzare le relazioni tra oncologa e media sociali - hanno affrontato questo tema, che ha ramificazioni estese e inedite.
L'aspetto più rilevante emerso a Chicago è l'influsso fortemente positivo che dai social media può arrivare in ambito di prevenzione a supporto degli screening, aspetto rilevato da numerosi studi. Una ricerca austriaca, presentata dai clinici della divisione di senologia dell'università di Vienna, ha analizzato e sintetizzato i dati positivi successivi alla diffusione delle scelte di Angelina Jolie sull'HBOC (carcinoma ereditario): nei mesi successivi alle notizie diffuse sui media delle operazioni al seno e alle ovaie a cui si è sottoposta l'attrice americana, un numero considerevole di giovani austriache si è rivolto ai centri di senologia per verificare il proprio stato di ereditarietà. Il comportamento positivo rilevato tra le giovani donne austriache è stato ricondotto proprio alle informazioni circolate viralmente sui canali sociali, soprattutto su Facebook, divenuto così canale di diffusione di una cultura di screening precedentemente non diffusa tra i più giovani.
Uno studio presentato dal prof. Seth Blumberg, del St Marys Medical Center di San Francisco, ha invece sottolineato che l'uso di Twitter può avere una funzione notevole per disseminare attenzione e "sentimenti positivi" verso le attività di screening sempre in ambito di prevenzione dei tumori femminili. Blumberg e il suo gruppo di lavoro californiano hanno analizzato oltre 30mila tweet di donne che si erano sottoposte a colonscopia, pap test e mammografia.
L'analisi dei sentiment espressi dalle pazienti ha evidenziato - ovviamente - esperienze negative e positive, ma queste ultime, hanno rilevato i clinici di San Francisco, sono quelle che poi hanno manifestato di "rimanere nel tempo ed essere più influenti" verso le cerchie di amiche e parenti. L'attenzione di Asco verso le tematiche di disseminazione via social-media ha anche toccato l'uso di Skype, che invece può svolgere un ruolo di sostegno personale: una ricerca presentata dalla Oncological Hospice Foundation di Varsavia ha mostrato come in una comunità di pazienti oncologici metastatici la connessione video via-Skype può essere utilizzata per fornire supporto di e-hospice soprattutto in presenza di cure palliative, contribuendo ad affrontare forme di ansietà e depressione, aumentando cosi la qualità percepita della vita quotidiana.
Ovviamente il rapporto oncologia-media sociali non è sempre così positivo e roseo. Una sessione dell'Asco dedicata proprio all'uso e ai rischi dei social media (dove le informazioni sensazionali e non validate sono abituali), ha approfondito vizi e virtù di questa relazione: il chairman Michael Fisch - direttore dell'oncologia medica di Aim Specialty Health e coordinatore del gruppo social media di Asco - ha ricordato che serve grande vigilanza da parte del mondo dei clinici e delle strutture, che devono essere in grado di presidiare e possibilmente "governare" i messaggi chiave ed i sentiment che circolano sui vari network. A tal fine è stata auspicata una formazione medica universitaria in oncologia che tenga conto proprio della necessità di governare i social media ai fini di una corretta relazione medico paziente.
(Wel/ Dire)