Roma, 22 gen. - La medicina non è una scienza esatta e per questo si basa su dati statistici di successi/insuccessi anche in base alla tempestività dell'intervento sul paziente. E allora - si legge nella sentenza della Cassazione n. 768/2016 - merita il risarcimento del danno non patrimoniale il soggetto che abbia riportato delle pesanti conseguenze perché la struttura sanitaria non ha seguito la best practise. Nel caso concreto i sanitari erano stati ritenuti responsabili per aver effettuato con ritardo una erniectomia. Al paziente la Corte di appello di Milano aveva riconosciuto un danno non patrimoniale per un importo superiore a 150mila euro.
La posizione della Cassazione I Supremi giudici hanno riconosciuto l'operato dei giudici di secondo grado. E questo perché in base ad apposita ctu era emerso che in caso di intervento entro 24 ore dal cosiddetto "punto zero" (ossia dal momento in cui si manifestano i sintomi e in cui si deve agire) "la probabilità di permanenza di sequele invalidanti di funzioni organiche si attestava su una percentuale del 30%". Corretta, quindi, la deduzione contraria e che cioè in caso di intervento tempestivo c'era il 70% di probabilità che il paziente guarisse completamente senza riportare alcuna conseguenza invalidante.
In particolare è scritto nella decisione la Corte milanese non si è limitata a dar conto della frequenza statistica dell'eventuale esito negativo in caso concreto (individuazione del cosiddetto "punto zero", chiarezza della sintomatologia sin dal momento del ricovero, ritardo nell'iter diagnostico e nel conseguente intervento chirurgico), pervenendo, infatti, al convincimento che l'intervento nella specie era stato eseguito più di 48 ore dopo il ricovero e, quindi ben oltre il timing ottimale, con la conseguenza che al paziente risultava esser stato negato l'accesso a quella "elevata probabilità" di completa guarigione che per l'appunto in caso di intervento tempestivo avrebbe avuto.
L'appello dei sanitari La struttura sanitaria aveva eccepito dalla sua come fossero inadeguati i conteggi del danno non patrimoniale effettuati sulla base delle Tabelle milanesi. Anche su questo punto è arrivata la chiara risposta dei giudici del Palazzaccio ritenendo che le tabelle milanesi prevedessero necessariamente un range di personalizzazione, di cui aveva fatto uso la Corte territoriale, operando una valutazione dichiaratamente equitativa che, pur tenendo conto della percentuale probabilistica di un risultato utile dell'intervento, non era (e non doveva) essere ancorata a una media matematica. Articolo tratto da Il Sole 24 Ore Sanità (Wel/ Dire)