Roma, 12 gen. - I "rimborsi spese di accesso" spettanti ai medici specialistici ambulatoriali sono regolarmente soggetti a tassazione Irpef. Lo ha chiarito l'agenzia delle Entrate, con la recente risoluzione 21 dicembre 2015, n. 106/E, che ha fatto così luce sul trattamento di queste somme, che la recente giurisprudenza della Cassazione ha invece qualificato come non imponibili perché ritenuti avere natura risarcitoria.
La questione dibattuta. Un'azienda sanitaria ha chiesto di conoscere quale sia il corretto regime fiscale da riservare al "rimborso spese di accesso", riconosciuto ai medici specialisti ambulatoriali convenzionati quando svolgono l'incarico presso ambulatori ubicati in un Comune diverso da quello di residenza. L'Accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici specialisti ambulatoriali stabilisce che in relazione a tali incarichi sia corrisposto, per ogni accesso, un rimborso spese per chilometro, in misura corrispondente a quello spettante al personale dipendente. Già l'Amministrazione finanziaria, con la risoluzione 11 luglio 2000, n. 107/E aveva concluso che i rimborsi spese in esame sono da assoggettare ai fini Irpef, ai sensi del comma 1 dell'articolo 51 del Tuir, dal momento che si riferiscono al tragitto che il medico compie dal Comune di residenza al luogo di lavoro e non riguardano lo spostamento dal luogo di lavoro a quello in cui deve svolgersi missione. Ciò nonostante, con l'ordinanza n. 6793 del 2 aprile 2015, la Corte di cassazione si è pronunciata sul tema, attribuendo funzione risarcitoria e non retributiva a tale corresponsione e conseguentemente, riprendendo le argomentazioni già svolte per la qualificazione delle somme versate a titolo di rimborso spese ai dipendenti del ministero del Lavoro in occasione di ispezioni effettuate presso cooperative, la non imponibilità ai fini Irpef delle relative somme.
La risposta dell'Agenzia. Sollecitata - come detto - a prendere una posizione definitiva, l'agenzia delle Entrate ha confermato il proprio precedente orientamento. Infatti, quale regola generale, le disposizioni sulla determinazione del reddito di lavoro dipendente prevedono l'imponibilità di tutte le somme e valori, a qualunque titolo percepiti, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro (articolo 51, comma 1, del Tuir). Con riguardo alle somme corrisposte e ai servizi prestati in relazione agli spostamenti per raggiungere dal luogo di residenza la sede di lavoro, il legislatore ha previsto la non imponibilità delle sole prestazioni di servizi di trasporto collettivo rivolte alla generalità o a categorie di dipendenti (articolo 51, comma 2, lettera d), del Tuir). Il che porta inevitabilmente a concludere che il "rimborso spese di accesso" sia imponibile. In relazione, poi, alle diversità con il regime fiscale previsto dall'articolo 51, comma 5, del Tuir per le trasferte o missioni del lavoratore, l'Agenzia ribadisce che tale disposizione è relativa allo spostamento del lavoratore dalla propria sede di lavoro al luogo di missione/trasferta, cui è tenuto a recarsi su incarico e per esclusivo interesse del datore di lavoro. È tale circostanza a giustificare il regime di favore previsto per i rimborsi spese suddetti. Poiché, diversamente da quanto appena ricordato, lo spostamento casa-lavoro avviene al di fuori dell'orario di lavoro e comunque a partire da un'abitazione scelta dal dipendente, la differenza sul trattamento fiscale non appare irragionevole. Né, d'altro canto, è possibile ritenere che i "rimborsi spese di accesso" possano essere considerati da risarcimento danni, in quanto, ai sensi dell'articolo 6, comma 2, del Tuir sono esenti da imposizione le sole indennità conseguite a titolo di risarcimento di danni derivanti da invalidità permanente o da morte, costituendo le altre indennità "redditi della stessa categoria di quelli sostituiti o perduti".
Articolo tratto da Il Sole 24 Ore Sanità (Wel/ Dire)