(DIRE) Roma, 6 apr. - La corruzione in sanità sottrae fino a 6 miliardi l'anno all'innovazione e alle cure dei pazienti. E in una azienda sanitaria su tre (37%) si sono verificati episodi di corruzione negli ultimi 5 anni, che non sono stati affrontati in maniera appropriata. Lo affermano i dirigenti delle 151 strutture sanitarie che hanno partecipato all'indagine sulla percezione della corruzione, realizzata da Transparency International Italia, Censis, Ispe-Sanità e Rissc. I dati, contenuti nel rapporto 'Curiamo la corruzione', sono stati presentati oggi a Roma, presso il Tempio di Adriano, in occasione della prima Giornata nazionale contro la corruzione in sanità.
Il 77% dei dirigenti sanitari ritiene che ci sia il rischio concreto che all'interno della propria struttura si verifichino fenomeni di corruzione (e questo rischio e' giudicato elevato dal 10% di loro). Due sono gli ambiti che si prestano maggiormente alle pratiche corruttive: quello degli appalti e quello delle assunzioni di personale. Al primo posto, l'83% dei dirigenti sanitari indica i rischi che si annidano negli acquisti di beni e servizi e il 66% nella realizzazione di opere e infrastrutture, mentre il 31% sottolinea la possibilita' che si seguano scorciatoie illecite nelle assunzioni.
Molto, pero', e' stato fatto negli ultimi anni per prevenire i casi di corruzione in ambito sanitario. "Il 97% delle strutture sanitarie- hanno fatto sapere- ha adottato uno specifico codice di comportamento dei dipendenti integrativo rispetto a quello previsto per i dipendenti pubblici; il 93% ha predisposto un regolamento per le procedure d'acquisto; il 92% afferma che nella propria struttura esistono procedure trasparenti per l'aggiudicazione degli appalti; l'85% ha previsto procedure per la segnalazione di casi di corruzione e azioni a tutela dei dipendenti che le effettuano (i 'whistleblower')". L'esame dei Piani anticorruzione (previsti dalla legge 190/2012) di 230 aziende sanitarie rivela pero' che "nel 40% dei casi si sono limitate a un adempimento formale dell'obbligo di legge, non inserendo all'interno del Piano ne' l'analisi dei rischi di corruzione ne' le misure di prevenzione".
Emerge ancora dall'indagine che "il 33% ha svolto un'analisi parziale e solo una struttura sanitaria su quattro ha risposto in pieno al dettato normativo. Probabilmente anche per questo- hanno sottolineato- il 35% dei dirigenti sanitari ritiene che il Piano non impatti in maniera decisiva sulla diffusione della corruzione". La sanita' intanto 'fa gola' anche per l'ingente valore della spesa pubblica, "pari a 110 miliardi di euro l'anno", mentre le voci di spesa per beni e servizi che non incidono direttamente sull'assistenza sanitaria e non sono collegati all'efficacia dell'intervento, "come quelle per la mensa, la lavanderia e la gestione dei rifiuti speciali, assorbono risorse consistenti".
Dall'analisi dei conti economici di Asl e aziende ospedaliere emerge infine che "dal 2009 al 2013 gli sprechi in questi settori sono diminuiti in media del 4,4% l'anno, ma la loro incidenza rispetto alla spesa complessiva non si e' ridotta. Tali sprechi nelle spese non direttamente collegate all'efficacia delle cure ammontano a 1 miliardo di euro l'anno: risorse- hanno concluso- che potrebbero essere altrimenti destinate alla salute dei pazienti".
(Wel/ Dire)