Roma, 2 set. - Articolo tratto da "La Repubblica - Salute". Il divieto di utilizzare gli embrioni per la ricerca scientifica, contenuto nella legge 40/2004, non viola i diritti umani. È questo il verdetto della Corte europea dei diritti umani, che oggi ha emesso una sentenza definitiva. Adele Parrillo, vedova di Stefano Rolla, rimasto ucciso nell'attentato di Nassiriya, si era rivolta nel 2011 alla Corte Edu per poter donare i propri embrioni congelati ai fini della ricerca scientifica, pratica vietata dalla legge 40/2004 sulla procreazione medicalmente assistita che vige in Italia.
Nel 2002 la coppia era ricorsa alla fecondazione in vitro. Ma dopo l'attentato del 2003 a Nassiriya, nel quale Rolla perse la vita, Adele non volle procedere con l'impianto degli embrioni, chiedendo, però,di poterli donare ai fini della ricerca scientifica "per contribuire a trovare trattamenti per malattie difficili da curare". La legge italiana vieta, però, esperimenti su embrioni umani anche a questo scopo.
I giudici di Strasburgo hanno stabilito che l'articolo 13 della legge 40/2004, che vieta la sperimentazione sugli embrioni, non viola il diritto al rispetto della vita privata di Adele Parrillo. La Corte ha riconosciuto all'Italia un ampio margine di manovra su una questione così delicata su cui non esiste consenso a livello europeo. I giudici affermano inoltre che non è sicuro che il compagno della Parrillo, morto a Nassiriya, avrebbe voluto donare gli embrioni alla scienza. Gli stessi giudici hanno ritenuto che il diritto alla proprietà invocato dalla Parrillo "non può applicarsi a questo caso, dato che gli embrioni umani non possono essere ridotti a una proprietà come definita dall'articolo 1 protocollo 1 della Convenzione europea dei diritti umani".
La Corte ha anche precisato di aver esaminato per la prima volta se la procedura per sollevare la questione di costituzionalità, introdotta in Italia nel 2007, rappresentasse un ricorso interno da tentare prima di rivolgersi a Strasburgo. Concludendo che, nel caso specifico, questa forma di 'tentativo domestico', cioè la scelta di rivolgersi alla Consulta prima che a Strasburgo, non dovesse essere obbligatoriamente eseguito.
Per il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, la Corte Edu "ha riconosciuto la ragionevolezza del margine di azione della nostra legge in questo ambito". "Sullo stesso argomento, cioè il divieto di distruggere embrioni per fini di ricerca scientifica - dice Lorenzin - aspettiamo un pronunciamento definitivo della Corte Costituzionale nei prossimi mesi, che riguarderà, in generale, la legittimità o meno di tale divieto rispetto alla nostra Carta Costituzionale".
Le reazioni. "Siamo chiaramente un po' delusi dalla decisione odierna della Corte europea dei diritti dell'uomo, ma ora aspettiamo la sentenza della Consulta italiana", attesa nei prossimi mesi, ha commentato Nicolò Paoletti, l'avvocato di Parrillo. "Sarà interessante - prosegue il legale - vedere quale sarà il rapporto di questa sentenza con la decisione della Consulta, che era stata rinviata nel 2014 proprio in attesa di Strasburgo. Un margine di manovra è riconosciuto alla Consulta italiana, che forse potrebbe ancora decidere in maniera diversa", conclude Paoletti.
(Cds/ Dire)