(DIRE) Roma, 29 mag. - "E' stata approvata all'unanimità dall'assemblea dell'Organizzazione mondiale della Sanità, appena conclusasi, una risoluzione storica che raccomanda agli Stati membri di rafforzare l'assistenza e la cura delle persone con epilessia per colmare il gap delle terapie: definizione di politiche pubbliche per diagnosi precoce, accesso ai trattamenti farmacologici, appropriatezza delle cure, agenda della ricerca e lotta a stigma e discriminazione che contribuiscono ad aggravare sulla persona che ne soffre il peso dell'epilessia, la patologia neurologica più diffusa e tra queste, la più grave". Lo fa sapere Federazione italiana epilessia (Fie).
"Nel mondo sono circa 70 milioni le persone che ne soffrono, nel nostro Paese sono circa 500.000, 35.000 nuovi casi ogni anno e 150.000 le persone che non rispondono alle terapie farmacologiche attuali. Ne soffre circa il 6% della popolazione mondiale. Percentuale- continua la federazione- che aumenta nelle fasi iniziali e finali della vita dell'uomo, indifferentemente dal genere".
L'Italia è tra le nazioni "artefici della risoluzione, anche grazie all'impegno della Fie,congiuntamente al lavoro della comunità dei medici e all'impegno delle istituzioni. Un momento storico", commenta a caldo Rosa Cervellione, presidente della Fie, network di 23 associazioni di lotta all'epilessia che lavorano sul territorio nazionale fornendo sostegno e servizi alle persone e alle famiglie che vivono il loro quotidiano con l'epilessia.
Secondo la presidente Fie "la risoluzione fornisce indicazioni e raccomandazioni per definire un piano nazionale da costruire insieme all'associazionismo che raccoglie i medici e i ricercatori e ai decisori: un percorso da avviare rapidamente anche perché da subito può dare risultati concreti a chi si trova in condizione di vivere il proprio quotidiano con l'epilessia".
La risoluzione approvata dall'Assemblea a conclusione dei lavori ha visto la delegazione dell'Italia prendere la parola e sostenere l'impegno del nostro Paese a recepire questa risoluzione che "definisce le aree prioritarie d'intervento e pone enfasi con pari peso sull'assistenza medica e sugli aspetti sociali della malattia. Inoltre, sottolinea la necessità di indirizzare la ricerca per mettere a punto terapie che possano davvero modificare il corso della malattia. Infine, riconosce il ruolo centrale di tutti gli attori che si muovono nel contesto dell'epilessia, includendo sia le persone che ne sono affette sia coloro che le assistono" (l'assemblea dell'OMS è stata trasmessa in streaming e questa è la trascrizione di una parte della dichiarazione resa dall'Italia).
Questo risultato è frutto dell'impegno congiunto di quelle nazioni che per prime si sono fatte parte attiva per colmare il gap esistente tra domanda e offerta di salute in tema di epilessia, nonché del lavoro congiunto dell'Ilae (International league against epilepsy) - la società scientifica internazionale che raccoglie al proprio interno medici e ricercatori di tutto il mondo - e dell'Ibe (International bureau for epilepsy) - l'associazione che a livello mondiale raccorda l'azione delle organizzazione "laiche", cioè non composte da medici ma da pazienti, di cui fa parte anche la Fie.
Non nasconde la propria soddisfazione il presidente dell'Ilae, Emilio Perucca, ordinario di farmacologia presso l'Università di Pavia: " Un lavoro di rete che parte da lontano, dalla consapevolezza che molto già da subito può esser fatto per migliorare appropriatezza di diagnosi e terapia, certamente a livello mondiale ma anche nel nostro paese- spiega il presidente- si tratta di un'occasione da non perdere. La ricchezza del percorso che ha coinvolto i professionisti della salute, l'associazionismo che raccoglie le persone con epilessia e il ministero della Salute tutti e tre insieme, sta nell'aver collaudato la praticabilità di ponti relazionali per raccordare offerta e domanda di salute nel migliorie dei modi, e su questa via occorre procedere".
In Italia la situazione della domanda di salute da parte delle persone con epilessia e dei loro familiari è "a macchia di leopardo, con situazioni che suggeriscono la possibilità di realizzare forti margini di miglioramento.
Sebbene esistano trattamenti farmacologici, sono ancora troppo poche le persone con epilessia nel mondo a non godere di un accesso- ricorda la Fie- né a corretta diagnosi, né a corretta terapia, e inoltre non per tutti le terapie funzionano: circa il 30% è affetto da epilessie che non rispondono a trattamenti farmacologici".
Cervellione continua: "In genere si sciorinano numeri per dare il senso delle dimensioni di un problema, ma non sempre si riesce a tradurre le cifre di un dato in un'immagine visiva che permetta di dare consistenza concreta al problema. Sono oltre 500.000 le persone con epilessia in Italia, come dire tutti gli abitanti di una città come Trento o Genova. I nuovi casi ogni anno sono 35.000 -prosegue Rosa Cervellione- immaginate che ogni anno la popolazione di una città come Aosta o Vibo-Valentia si ammala di epilessia, e a fronte di questi numeri ci sono oltre 150.000 persone per le quali con le terapie farmacologiche correnti non si ottiene risposta terapeutica: la stessa consistenza numerica della popolazione di una città come Trento o Bergamo. Diciamo che questa geografia esemplificativa dovrebbe rendere più evidente l'urgenza dell'avvio di un piano nazionale epilessia, anche per i costi che questa domanda di salute insoddisfatta rappresenta per la collettività".
La risoluzione approvata dall'Organizzazione Mondiale della Sanità e sostenuta da paesi come, tra gli altri, Cina, Stati Uniti, Russia, India, Brasile e Italia, rappresenta una grande opportunità per il nostro Pase e "sono convinto- conclude Perucca- sia un successo da intendersi non come un punto d'arrivo, ma come un punto di partenza". In questo senso, chiosa la presidente della Fie, "costituirà la bussola e la cartina tornasole con cui indirizzare e misurare il nostro impegno futuro".
(Com/Wel/ Dire)