Roma, 22 lug. - Articolo tratto da "Il Messaggero". LA STORIA - Era luglio del 2000 quando, alla conferenza mondiale sull'Aids di Durban in Sudafrica, il piccolo Nkosi Johnson di 11 anni si rivolse al mondo intero chiedendo che gli ammalati fossero trattati "come persone normali" e che i farmaci arrivassero alle donne in gravidanza. Nkosi, piccolo e gracile, era nato sieropositivo, sua madre gli aveva trasmesso il virus. Meno di dodici mesi dall'appello, applaudito da Mandela in sala, Nkosi è morto. Quindici anni dopo, sempre ad una conferenza mondiale dell'Aids, quella in corso a Vancouver, l'annuncio che entusiasmato i ricercatori: per la prima volta si registra una regressione del virus Hiv in un tempo così lungo, a 12 anni dall'interruzione della terapia. Nkosi, oggi, non sarebbe morto. Oggi, il "caso", descritto da ricercatori francesi è una ragazza di 18 anni.
LA PAZIENTE - È stata contagiata dal virus dell'Hiv quando era nel grembo materno: subito dopo la nascita le cure, il controllo della carica virale fino a quando aveva sei anni. Poi, visti i risultati degli esami e le buone condizioni di salute, gli infettivologi decidono di interrompere la terapia. Da quel momento, nel suo sangue, non sono state riscontrate tracce del virus. Una storia seguita, fino ad oggi, in silenzio, negli ambulatori e nei laboratori dell'ospedale Necker di Parigi e dell'Istituto Pasteur. Dove il Nobel Montagnier identificò per primo il virus dell'Aids nei primi anni Ottanta. Ieri la presentazione della storia clinica, senza dire il nome della ragazza né dare elementi che la possano far identificare. Impresa, ora non facile. Dal momento che lei è il primo caso in cui il virus è scomparso da così tanti anni. Mette le mani avanti Asier Saez-Cirion del Pasteur che ha descritto la storia della paziente a Vancouver: "Non è considerata ancora guarita, ma è in buona salute pur non prendendo più farmaci". Così dicono i medici: "La prima paziente sieropositiva che è in remissione dalla malattia per un periodo di tempo così lungo". Gli infettivologi confessano la loro sorpresa: "Non sappiamo ancora il motivo per cui questa ragazza è in grado di controllare l'infezione. Si tratta di un evento importante che apre nuove prospettive di ricerca".
I NUMERI - Non si tratta di una guarigione, dunque. "Ed è impossibile prevedere l'evoluzione della sua condizione - spiega Jean Francois Delfraissy direttore del National Agency for Aids Research francese - è comunque un ulteriore argomento a favore del trattamento antiretrovirale il più presto possibile per tutti i bambini nati da madri sieropositive". Un numero ancora tragicamente alto. Nel 2013, nel mondo, si sono contate più di due milioni di nuove infezioni, 240.000 delle quali hanno colpito bambini. "La ragazza francese - puntualizza Stefano Vella, direttore del dipartimento del Farmaco dell'Istituto superiore di sanità - fa parte di quella élite di pazienti che controlla il virus anche senza trattamento. Le ipotesi sono che abbiano un virus debole o che ci sia stata una particolare evoluzione del sistema immunitario. È riuscito a difendersi impedendo la replicazione. L'importanza di questi pazienti, da un punto di vista clinico, è che sono una miniera per capire come poter sviluppare un vaccino". La remissione dopo l'interruzione della cura non è una novità. Nel 2013 aveva fatto sperare una bebé detto "Bebè del Mississipì". Nata sieropositiva venne sottoposta a terapia, poi il virus, dopo alcuni mesi, sparì. Anche dopo lo stop ai farmaci. La resa, un anno dopo, quando la carica virale si è ripresentata e la bambina ha dovuto ricominciare con la cura. I dodici anni di "silenzio" del virus, in questo caso, fanno ben sperare. Danno nuova forza alla seconda generazione di ricercatori che sta cominciando a lavorare sul virus. Proprio ieri, mentre a Vancouver il caso della ragazza francese, apriva nuovi spiragli è scomparso a Milano, a 79 anni, l'infettivologo Mauro Moroni, professore all'università di Milano. Tra i pionieri italiani a seguire e studiare pazienti con l'Aids.
(Com/Dire)