Roma, 27 feb. - Un'importante sentenza del Tar di Trieste ha fatto chiarezza sulla natura dell'indagine radiologica, qualificandola come atto medico di esclusiva competenza dello specialista medico radiologo. Pertanto, ne ha escluso la competenza di qualsivoglia altro profilo professionale per quanto concerne "la valutazione dell'esame in concreto sia per giustificare l'effettuazione dello stesso sia per valutarne l'utilità diagnostica".
La recente sentenza - emessa il 20 febbraio scorso su ricorso della Società Italiana di Radiologia Medica (S.I.R.M.) e del Sindacato Nazionale Area Radiologica (S.N.R.) - ha annullato la delibera della Azienda Ospedaliera di Pordenone che prevedeva procedure radiologiche in telegestione e, contestualmente, ha riaffermato la riserva di competenza a favore del medico radiologo, richiamando le disposizioni normative che pongono a carico di tale specialista la responsabilità clinica e radioprotezionistica dell'esame (art. 5, comma 2, d.lgs.26 maggio 2000, n. 187). In particolare le norme richiamate dal TAR stabiliscono che "tutte le esposizioni mediche individuali devono essere giustificate preliminarmente, tenendo conto degli obiettivi specifici dell'esposizione e delle caratteristiche della persona interessata"; che "le esposizioni mediche sono effettuate dallo specialista su richiesta motivata del prescrivente" e che "la scelta delle metodologie e tecniche idonee ad ottenere il maggior beneficio clinico con il minimo detrimento individuale e la valutazione sulla possibilità di utilizzare tecniche sostitutive non basate su radiazioni ionizzanti compete allo specialista".
Per il giudice, quindi, non vi è "alcuno spazio né per autonome iniziative diagnostiche dei tecnici sanitari di radiologia, né, tantomeno, per una giustificazione ex ante, del tutto svincolata dalla specificità del singolo caso concreto". In particolare, la sentenza ha bocciato gli atti amministrativi dell' Azienda Ospedaliera di Pordenone che avevano istituito la procedura diagnostica d'elezione nonché quella d'urgenza priva dei requisiti minimi dettati dalle linee guida ISTSAN 10/44 che consentono in casi del tutto eccezionali, quali l'emergenza o l'urgenza indifferibile, la possibilità di erogare la procedura diagnostica con l'assistenza di un radiologo distante dal luogo della prestazione radiologica, assumendosi con la diagnosi la responsabilità della correttezza del percorso clinico-diagnostico.
Il Tribunale amministrativo di Trieste ha affermato in modo chiaro e non equivoco che "si appalesa, quindi, l'illegittimità degli atti impugnati, laddove riconoscono spazi di autonomia diagnostica a soggetti diversi dai medici specialisti radiologi, a nulla potendo valere nemmeno l'escamotage di definire a priori, in via meramente generale e astratta sulla base di criteri condivisi e consolidati nel tempo, le tipologie di indagini radiologiche effettuabili in assenza della previa valutazione da parte del medico specialista radiologo, in quanto, all'evidenza, in conflitto con l'esigenza - affermata dalla norma - di previa valutazione da parte dello specialista del concreto caso clinico e delle caratteristiche della persona interessata". In definitiva, il processo di giustificazione deve avvenire prima di ogni singolo esame e non esistono modelli predefiniti o giustificazioni a priori che porterebbero a processi diagnostici spersonalizzati e non sempre sicuri. Quindi il medico radiologo deve essere presente ed in grado di interagire con il paziente.
Una sentenza che per i soggetti promotori va letta nell'interesse esclusivo del paziente e in una visione coordinata delle norme che governano la responsabilità medica.
(Cds/Dire)