Roma, 24 feb. - Esprime "perplessità per l'ennesima incombenza di carattere amministrativo e burocratico che il legislatore ha posto in capo ai medici incaricati di compiti necroscopici" la dottoressa Cristina Patrizi, consigliere dell'Ordine dei medici di Roma, che prosegue: "Distogliere i professionisti dalle proprie competenze primarie ed imprescindibili, significa sminuirne il valore, a vantaggio del nutrito personale amministrativo già ampiamente presente negli uffici a ciò preposti".
D'accordo con la posizione assunta dall'Ordine, anche la dottoressa Dalila Ranalletta, direttore Uoc e coordinatore di Medicina Legale presso la Asl RmA e componente della commissione Medicina Legale dell'Omceo Roma, che ribadisce con forza il concetto "in considerazione del fatto che l'attività necroscopica svolta dalle Asl o dalle direzioni sanitarie degli ospedali è un'attività eminentemente medica e di carattere specialistico medico-legale- spiega- volta all'accertamento della realtà e della cause della morte. Come correttamente e condivisibilmente dall'Ordine, allora, l'obbligo di legge che incombe sul medico necroscopo è unicamente la comunicazione agli uffici anagrafici comunali delle risultanze del suo accertamento, per le attività amministrative che competono a quegli uffici (tra le quali anche la comunicazione all'INPS per le pertinenti conseguenze sul piano giudirico-economico)".
Secondo Ranalletta è dunque "l'atto di morte, formato presso gli uffici anagrafici, che rileva sul piano giuridico, e non già l'atto medico di accertamento della morte, sebbene quest'ultimo ne costituisca un presupposto ineliminabile. Tuttavia- aggiunge- la fase di formazione dell'atto di morte prevede una serie di ulteriori accertamenti (esempio, la verifica che non sussistano dichiarazioni di morte presunta) che vanno oltre l'accertamento medico e pure rilevano ai fini della costituzione dell'atto di morte". Non si comprende dunque allora "quale possa essere la motivazione pratica del porre in capo al necroscopo la comunicazione all'Iinps dell'avvenuto decesso, in quanto a nessun ruolo medico- conclude Ranalletta- possono essere demandate azioni che nulla hanno in realtà di sanitario".
(Com/Cds/Dire)