(DIRE) Roma, 17 dic. - Per alcune malattie genetiche che causano grassi alti nel sangue e possono provocare eventi cardiovascolari ora arrivano le cure. E' quanto emerso in occasione del 28esimo congresso nazionale Sisa, Società Italiana per lo Studio dell'Arteriosclerosi, appena concluso a Bologna.
Accumulo di lipidi nel fegato determinato da carenza di un enzima: si può guarire. La malattia da accumulo di grassi (lipidi) del colesterolo, scientificamente nota come Cesd, causa oltre che grassi alti nel sangue anche un accumulo di colesterolo e trigliceridi nel fegato: se non trattata, può provocare malattie cardiovascolari e cirrosi epatica, dato che rimane a lungo asintomatica. Il trattamento consisteva fino a poco tempo fa in una dieta a basso contenuto di colesterolo ed una terapia che determinava una riduzione dei livelli di colesterolo e trigliceridi nel plasma ma che con il loro meccanismo d'azione incrementavano i problemi al fegato. Oggi invece viene usata una nuova terapia che permette di risolvere il problema. "E' disponibile la prima terapia farmacologica per curare l'accumulo di lipidi nel fegato determinati da carenza di un enzima lisosomiale- spiega il Professor Alberico Catapano, Direttore Generale Sisa ed Ordinario all'Università di Milano- che prevede la somministrazione per via endovenosa una volta ogni due settimane di questo enzima ricombinante con risultati di remissione della malattia. Tale terapia è stata recentemente approvata sia dall'Ema che dall'Aifa".
Trigliceridi troppo elevati dopo pranzo, pancreas a rischio: alcool vietato e serve dieta con oli specifici ma non basta. In arrivo due terapie geniche, la prima approvata Ema riduce il rischio di pancreatite del 50%, la seconda abbassa i trigliceridi del 90%. L'accumulo di trigliceridi nel sangue, scientificamente detto iperchilomicronemia, è una malattia genetica caratterizzata da valori di trigliceridi estremamente elevati, superiori a 1.000 mg/dl. "La malattia si manifesta molto presto, in epoca neonatale. In alcuni casi questi pazienti possono raggiungere valori di trigliceridi anche di 4-5.000 mg/dl: il soggetto con il livello più alto che abbia mai visitato aveva addirittura 15.000 mg/dl. Per questo motivo la diagnosi è abbastanza semplice. I pazienti sono soggetti ad un alto rischio di pancreatite acuta. In generale la qualità della vita di questi pazienti è pessima: devono rispettare stili alimentari molto rigidi, non possono assumere alcool, che è un moltiplicatore dei trigliceridi, e pagano le conseguenze di qualsiasi errore o sgarro nella dieta. I pazienti devono affrontare dei drastici cambiamenti negli stili alimentari. Nella fase postprandiale è normale che aumenti il livello dei trigliceridi, per poi diminuire nelle ore successive: in questi pazienti, invece, i trigliceridi continuano ad aumentare, raggiungendo livelli preoccupanti. Perciò occorre che seguano una dieta a ridottissimo contenuto di grassi, che è molto difficile da mantenere. In questo senso possono essere utili dei particolari oli per condire e cucinare. Ma la somministrazione di una terapia genica che permette di esprimere nel muscolo l'enzima lipasi lipoproteica aiuta molto in questi casi. Fino ad oggi invece le opzioni terapeutiche per questa dislipidemia erano insoddisfacenti. Recentemente è stata approvata dall'Ema una terapia genica: tramite una cinquantina di piccole iniezioni nella muscolatura della coscia, viene ricostruito il patrimonio enzimatico. Questa opzione terapeutica è molto promettente: a distanza di cinque anni riduce del 50% il rischio di pancreatite", spiega il Professor Marcello Arca, Segretario Generale Sisa e Professore Associato al Dipartimento di Medicina Interna Sapienza Università di Roma Policlinico Umberto I.
"Un altro approccio terapeutico è agire sulle proteine che controllano i livelli dei trigliceridi con iniezioni bimensili sottocute. Studi preliminari hanno dimostrato che con questa terapia la trigliceridemia dei pazienti si riduce quasi del 90%. Con queste molecole è in corso uno studio internazionale che arruolerà circa 50 soggetti. Lo studio terminerà nel giugno 2016 e se darà i risultati sperati potrebbe rappresentare il raggiungimento di una copertura terapeutica per la malattia", conclude Arca.
Colesterolo familiare oltre 500, forma molto grave: arriva terapia che lo riduce del 50%. Notizie confortanti anche per i pazienti affetti da ipercolesterolemia familiare omozigote, forma gravissima di ipercolesterolemia- supera il valore di 500- per la quale l'unico trattamento efficace era rappresentato dalla sua rimozione meccanica dal sangue: non sempre disponibile sul territorio, questa terapia comunque comportava disagi. "Oggi è disponibile un nuovo approccio farmacologico che inibisce la proteina Mtp, efficace nel ridurre i livelli di colesterolo in questi pazienti approvata in Italia. I risultati degli studi documentano una riduzione del colesterolo di circa il 50% dove spesso le statine danno risultati insoddisfacenti", conclude il Professor Maurizio Averna, Presidente Sisa e Ordinario di Medicina Interna all'Università di Palermo.
(Wel/ Dire)