Roma, 17 set. - Articolo tratto da "Il Messaggero". Il caso. Nessuna epidemia. Si conclude con una richiesta di archiviazione, una tranche dell'inchiesta che tre anni fa ha travolto i vertici del policlinico Gemelli: un'infermiera del reparto di Neonatologia si ammalò di tubercolosi e 188 infanti contrassero il batterio della Tbc senza sviluppare però la patologia. Una super perizia chiesta dai magistrati, ha scagionato il nosocomio dall'accusa di epidemia colposa: i bimbi, sottoposti ad un secondo accertamento, sono risultati in salute. Ma per i vertici dell'ospedale resta ancora in piedi una duplice accusa nei loro confronti: lesioni colpose e violazione delle norme sulla disciplina per la prevenzione degli infortuni sul lavoro. Nel 2011 una bambina ricoverata al Gemelli, entrata in contatto con l'infermiera malata, non contrasse solo il batterio della Tbc, ma sviluppò anche l'infezione, mentre 7 dipendenti del policlinico furono contagiati in maniera latente. Per questo filone d'inchiesta, il pm Albero Pioletti e il procuratore aggiunto Leonardo Frisani hanno appena concluso le indagini a carico di 8 persone, tra camici bianchi e personale sanitario. Le stesse accuse sono contestate anche al medico curante dell'infermiera che diffuse il batterio: lo specialista non avrebbe diagnosticato in tempo la malattia.
Il contagio. E' il luglio del 2011. Ad un'infermiera della divisione di Neonatologia del policlinico viene diagnosticata la tubercolosi. Tra le corsie dell'ospedale scattano controlli a tappeto. Si scopre che anche una neonata è stata contagiata e ha sviluppato la malattia. Il nosocomio viene travolto da un'indagine. La Procura ordina accertamenti su tutti gli infanti nati al Gemelli tra il gennaio e il luglio del 2011 e 188 bambini risultano positivi al batterio della tbc. I magistrati aprono un fascicolo per epidemia colposa e ingaggiano tre esperti per stilare una super perizia. Lo scorso febbraio, arrivano i risultati: "Non si può affermare che nel 2011 si sia verificata un'epidemia di tubercolosi nella città di Roma", sentenziano gli specialisti. Da qui, la richiesta di archiviazione. Secondo gli inquirenti, però, il medico di base dell'infermiera avrebbe diagnosticato con troppo ritardo l'insorgenza della patologia.
Oggi rischia il processo insieme ai vertici del nosocomio che non avrebbero adottato le cautele per evitare la diffusione del morbo. "Si tratta di una tesi d'indagine", commenta l'avvocato Geatano Scalise, che rappresenta il Gemelli.
(Cds/ Dire)