Roma, 11 set. - Articolo tratto da "La Repubblica". La febbre alta e quella gola sempre più gonfia che gli permetteva a fatica di respirare. È arrivato al pronto soccorso del Gemelli in queste condizioni il 26enne morto lo scorso venerdì di mononucleosi dopo un ricovero di circa dieci giorni allo Spallanzani.
La procura, dopo aver puntato il faro sul reparto di Infettivologia della struttura al Portuense, dove il giovane sarebbe stato sottoposto a terapia antibiotica senza interventi per liberare le vie aeree, adesso vuole capire e valutare perché anche al pronto soccorso del Gemelli non siano state adottate quelle misure che avrebbero permesso a J. L. di respirare e quindi di essere salvato. Ma fino a ieri pomeriggio al Gemelli non sarebbero arrivate richieste di documentazione. Intanto l'autopsia ha accertato le cause della morte: una complicanza a livello faringo-tonsillare che ha provocato l'insufficienza respiratoria e quindi il decesso. L'ipotesi su cui procede il pm Nadia Plastina è omicidio colposo. Il fascicolo è senza indagati.
Il 23 agosto il giovane era entrato al Gemelli in codice giallo, con le tonsille ingrossate e uno spazio respiratorio ridotto. All'accettazione aveva dichiarato di avere i linfonodi ingrossati e la febbre da nove giorni e gli erano stati dati dei farmaci. Poi era stato trasferito allo Spallanzani il mattino successivo perché al reparto Malattie Infettive non c'era disponibilità. Allo Spallanzani il giovane era stato sottoposto a terapia antibiotica ma aveva avuto delle crisi respiratorie. Il 26 agosto l'ultima l'aveva mandato in coma. Durante il ricovero, secondo gli inquirenti, il ragazzo non sarebbe stato intubato né sottoposto a una tracheotomia che gli avrebbe permesso di respirare. Poi il trasferimento in Rianimazione: qui era stato seguito il protocollo ma la carenza di ossigeno nel cervello aveva causato danni cerebrali. E i parenti, a quel punto, assistiti dall'avvocato Pierfrancesco Bruno, avevano deciso di denunciare la vicenda.
(Cds/ Dire)