(DIRE) Roma, 24 ott. - Se non la si tratta in tempo, la frattura del femore può essere letale. Ed è ancora troppo alto il numero di decessi di pazienti anziani a seguito di interventi tardivi. "Lo standard previsto entro cui si riducono mortalità e complicanze- fanno sapere gli esperti- è di 48 ore. In caso contrario, anche se l'operazione va tecnicamente a buon fine, la salute del paziente anziano viene comunque compromessa pesantemente". Proprio in questi giorni, intanto, è stato pubblicato il programma nazionale Esiti 2014 - sviluppato da Agenas per conto del ministero della Salute - che dà conto del complesso quadro delle cure erogate in Italia. Tra queste, anche la frattura del femore: "Solo il 45,7% delle fratture di femore nell'anziano- si legge nel rapporto- sono state operate nel 2013 entro le 48 ore. Rispetto al 2008, quando la proporzione era del 28,7%, si è registrato un significativo miglioramento, anche se si è ancora al di sotto dello standard atteso, superiore all'80%". Per saperne di più la Dire ha intervistato Ezio Adriani, medico chirurgo specialista in Ortopedia e Traumatologia.
- Perché nei pazienti anziani è importante intervenire entro le 48 ore? "Questo è uno dei parametri fondamentali da rispettare, altrimenti si rischia di alterare in maniera molto negativa l'equilibrio del paziente. In base a studi internazionali, si è visto che le complicanze a seguito di interventi alla frattura del collo del femore sono dettate molto da quanto tempo è passato dalla rottura rispetto all'intervento. Se si lascia il paziente a letto per una settimana con la frattura, inevitabilmente si avranno una serie di problematiche immediate, spesso letali per il paziente stesso. Quindi il paziente va operato subito e subito messo in piedi".
- Tanti sconsigliano l'intervento al femore in età molto avanzata, perché l'esito può essere spesso fatale. Perché succede questo? "L'intervento è sconsigliato quando le condizioni generali del paziente non sono già buone in partenza. In linea generale, per quanto riguarda quelle situazioni in cui l'intervento può essere fatale, non si tratta di un discorso legato all'operazione in sé, né tantomeno a complicanze a livello di sistema cardiocircolatorio o di metabolismo. Quello che conta molto, in questo tipo di pazienti, è soprattutto ciò che avviene a livello psicologico: l'essere sradicati da casa e fare riabilitazione per un mese, ritrovandosi in un ambiente estraneo, sono tutte cause che influenzano indirettamente lo stato di salute del paziente. Senza contare, poi, che chi rimane allettato per molto tempo va incontro anche a gravi piaghe da decubito o necrosi".
- L'intervento, insomma, non è tanto devastante in sé quanto piuttosto perché può avere ripercussioni a livello psicologico... "Esattamente. Anche qui, però, vale sempre la stessa regola: prima lo si fa e meglio è. Tra l'altro oggi l'intervento viene eseguito rapidamente, con tecniche innovative, ed è molto ben standardizzato. Detto questo, mi piacerebbe aggiungere un'ultima cosa: nonostante la frattura del femore sia un problema sociale vero e proprio, l'aumento dell'età media insieme anche al miglioramento della qualità della vita rendono tale intervento oggi più 'fattibile'. Mi spiego meglio: mentre un tempo era impensabile che una persona di 85 anni potesse, ma soprattutto volesse, impiantarsi una protesi, oggi lo vuole fare perché è nella sua volontà il voler vivere meglio".
(Cds/ Dire)