Roma, 12 mar. - "Mi hanno minacciato perché non volevano far sapere che il piccolo Markus era morto per uno scambio di sondini". Parole pesanti come macigni quelle pronunciate da un'infermiera del San Giovanni, Micaela Rosi, nei confronti di un medico e del caposala del reparto di Neonatologia dell'ospedale, in servizio nei giorni in cui il piccolo Markus De Vega ha perso la vita. Accuse pesanti, contenute negli atti del fascicolo per la morte del neonato, avvenuta due anni fa nel reparto di rianimazione neonatale del nosocomio, per uno scambio di sondini, la cui conseguenza è stata la somministrazione di latte nella vena del piccolo. E la sua morte per insufficienza respiratoria.
Ieri, nell'udienza davanti al giudice dell'udienza preliminare, l'inchiesta del procuratore aggiunto Leonardo Frisani vede iscritti otto sanitari dell'ospedale di via dell'Amba Aradam, per i reati di omicidio colposo, favoreggiamento, omissione di referto e frode processuale. La mamma del piccolo Markus, Jacqueline De Vega, si è costituita parte civile.
"Abbiamo chiesto di chiamare in causa il San Giovanni come responsabile", hanno detto i difensori della donna Massimo Argirò e Danilo Granito. Le parole dell'infermiera Rosi, sentita nel giugno del 2012 a un mese dalla morte di Markus, descrivono il clima omertoso all'interno dei corridoi del nosocomio. La donna ricorda il comportamento di un medico e del caposala del reparto di Neonatologia del San Giovanni, entrambi in servizio nei giorni in cui il Markus De Vega ha perso la vita: "Mi hanno minacciato dicendo che avevo sbagliato ad avvisare il medico, che non dovevo dire niente a nessuno perché per colpa mia la collega, e non solo lei, sarebbe finita nei guai. Che mi dovevo tenere il segreto e stare zitta e che non avrei mai più dovuto farlo per il futuro".
Fu un errore grave, secondo la ricostruzione degli inquirenti, quello commesso dall'infermiera, che risponde di omicidio colposo, per aver "inavvertitamente" provocato la morte del neonato, mandandogli in vena il latte che doveva andare nello stomaco. Gli altri sette imputati rispondono di concorso in favoreggiamento, omissione di referto e frode processuale: avrebbero glissanto sulle cause della morte del piccolo, non informando la mamma e impedendole, di fatto, di richiedere l'autopsia. Omissioni finalizzate a mettere a tacere la vicenda, prima che scoppiasse un caso giudiziario.
(Cds/ Dire)