Roma, 12 mar. - Il caso. Il Ministero della Salute chiede chiarimenti alla Regione sul caso dell'interruzione di gravidanza in bagno perché, secondo il racconto della donna coinvolta, non c'erano medici non obiettori in servizio. A sua volta il governatore del Lazio, Nicola Zingaretti, ha spiegato che sono i corso delle verifiche.
Partiamo dai dati. Nelle ginecologie e nelle ostetricie di Roma quattro medici su cinque sono obiettori, si rifiutano di effettuare le interruzioni volontari di gravidanza. E da questo dato sono esclusi, ovviamente, gli ospedali religiosi. La ricerca della Regione mostra una fotografia recente, con i numeri del 2012, e in percentuale spiega che solo il 18,1 del personale medico non è obiettore. Poco più alta la percentuale degli anestesisti (28,5) e delle ostetriche (39,4).
Ma è anche da questi numeri che bisogna partire per parlare della storia di Valentina Magnanti che, sostenuta dall'Associazione Luca Coscioni, l'altro giorno ha raccontato la sua drammatica esperienza al Pertini, nel 2010: "Sono stata abbandonata ad abortire nel bagno dell'ospedale, aiutata solo da mio marito Fabrizio". Al Pertini c'erano solo medici non obiettori in servizio. Valentina Magnanti ha una malattia genetica trasmissibile, ma poiché è fertile per legge non può ricorrere alla fecondazione assistita e alla diagnosi pre-impianto. Dunque, solo al quinto mese ha scoperto che la bambina che aspettava era gravemente malata. Dopo il ricorso di Valentina e Fabrizio contro la legge 40, il tribunale ha deciso di sollevare il dubbio di legittimità costituzionale davanti alla Consulta. Questo il quadro di una storia drammatica.
La risposta. Ieri la replica dell'Asl Roma B: "La signora Valentina è stata seguita dal personale che ha l'obbligo dell'assistenza anche nel caso di obiezione di coscienza. Nel caso specifico da due medici non obiettori che fanno parte dell'equipe istituzionalmente preposta all'interruzione volontaria di gravidanza". Ma sul caso è intervenuto anche il Ministero della Salute: "Abbiamo chiesto alla Regione Lazio degli approfondimenti sulla vicenda. In particolare è stato chiesto alla Regione se abbia intrapreso azioni volte ad accertare che nelle strutture sanitarie preposte sia assicurato l'espletamento delle procedure previste dalla legge 194 del 1978".
Dall'associazione Luca Coscioni, Filomena Gallo, spiega: "Confermo il racconto della coppia, ci sono cartelle cliniche e testimonianze. L'associazione racconta: 'Il caso della coppia lasciata abortite senza assistenza all'ospedale Pertini di Roma non è isolato'. Olimpia Tarzia (consigliere regionale della Lista Storace), tra le fondatrici del Movimento per la vita, attacca l'associazione Luca Coscioni: "L'operazione appare tristemente mediatica e strumentale".
(Cds/ Dire)