Roma, 11 mar. - Articolo tratto dal "Corriere della Sera".
Se passa il messaggio che un medico non è più libero di operare in scienza e coscienza, tutto il nostro lavoro crolla. Sarebbe un ritorno al passato, a prima di Norimberga». Potrà anche sembrare eccessivo, quell'implicito paragone di Ottavio Di Stefano, presidente dell'Ordine dei medici di Brescia, fra i camici bianchi costretti nei lager nazisti ad obbedire ad ordini superiori e i medici del Civile obbligati per sentenza ad infondere le cellule Stamina. Ma dà il segno dell'esasperazione, di una misura ormai colma.
Perché già nel giugno scorso, l'Ordine bresciano l'allarme l'aveva lanciato: l'articolo 4 del codice deontologico ("L'esercizio della medicina è fondato sulla libertà e sull'indipendenza della professione che costituiscono diritto inalienabile del medico. Il medico (...) non deve soggiacere a interessi, imposizioni e suggestioni di qualsiasi natura"). Risultato? Nessuno. Il "disagio" dei medici del Civile coinvolti nella vicenda Stamina permane. Il rischio di un processo penale se non si ottempera alle sentenze dei magistrati, pure.
Così, l'Ordine ha deciso di inviare al ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, ai presidente delle commissioni Sanità di Senato e Camera, al vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura e al presidente della Fnomceo (Federazione Nazionale Ordini dei Medici) il documento approvato all'unanimità dal Consiglio Direttivo dell'Ordine bresciano nella seduta straordinaria dello scorso 11 febbraio.
"La libertà e l'indipendenza della professione costituiscono le basi essenziali dell'agire medico- si legge nel documento-. Un principio, dettato dal Codice deontologico, che assicura ad ogni medico la possibilità di decidere secondo scienza e coscienza il percorso di cura più indicato per ogni paziente, e che il caso Stamina ha messo pesantemente in dubbio, sull'onda di pronunce della magistratura. Il principio di autonomia e di libera scelta clinica deve prevalere sempre e comunque. Quest'Ordine pone con forza il problema del diritto di ogni medico di rifiutare la prestazione professionale laddove confligga con i propri convincimenti tecnico-scientifici e riferimenti deontologici".
Peccato che, anche di recente, autorevoli magistrati, come l'ex giudice di Cassazione e giurista Gianfranco Iadecola, abbiano sottolineato come le sentenze della magistratura ordinaria vadano considerate "sovraordinate", cioè superiori, rispetto al codice deontologico. Urge dunque, secondo l'Ordine bresciano, che le istituzioni "diano risposte chiare, individuando gli strumenti atti a garantire che l'esercizio della medicina continui a fondarsi sulla libertà e indipendenza della professione".
Di Stefano si augura anche che il nuovo comitato scientifico nominato dal ministro Lorenzin possa fare chiarezza sulla possibilità o meno di procedere ad un sperimentazione del metodo Stamina (e di fare chiarezza sulla sua efficacia). Ma non è che il comitato etico del Civile (di cui anche Di Stefano faceva parte) debba recitare il mea culpa per aver dato il via libera a Stamina? "Ricordo che, in un primo momento, il Comitato etico aveva detto no. Poi, dopo la nota mail del dottor Tomino dell'Aifa, sulla mancanza di 'ragioni ostative', avevamo dato il via libera. Credo che, dato il livello di conoscenza dell'epoca, quella scelta possa essere criticabile, ma accettabile. Sono certo che tutti fossero convinti, in assoluta buona fede, che quella terapia potesse funzionare". C'è però chi dice che i medici del Civile nemmeno sappiano cosa iniettano. "Sulle provette c'è scritto cosa vi è contenuto- ribatte Di Stefano-. Il vero punto è un altro. Finora i medici erano liberi di sospendere o cambiare un trattamento che si ritenga non più efficace. Ora quella libertà sembra non esserci più".
(Cds/ Dire)