Roma, 16 gen. - L'Italia fa registrare tassi di mortalità entro i primi 5 anni di vita tra i più bassi al mondo (3,3 per mille nati vivi). Lo sottolinea Istat che prende in esame il fenomeno in Italia dal 1887 ad oggi. Se nel 1887 in Italia morivano circa 223.000 bambini entro il primo anno di vita e 176.511 tra 1 e 5 anni, nel 2011 il numero di bambini morti nel primo anno di vita è sceso a 1.774 e quello tra 1 e 5 anni a 310. Cambiano anche le cause principali, da ricercare nelle malformazioni congenite e nelle condizioni di origine perinatale.
A determinare la drastica inversione di tendenza, le riforme politico-sanitarie attuate su tutto il territorio nazionale, il miglioramento delle condizioni ambientali e socioeconomiche, l'alfabetizzazione delle donne, lo sviluppo di una cultura dei diritti dell'infanzia, i progressi della scienza e della medicina e la lotta contro malattie che una volta erano endemiche nel Paese, come la malaria, la tubercolosi o il morbillo.
Fondamentali per la riduzione della mortalità infantile in Italia sono la riforma ospedaliera del 1968, che trasforma gli ospedali, fino ad allora gestiti da enti di assistenza e beneficenza, in enti pubblici, disciplinandone l'organizzazione e le funzioni, e la legge 833 del 1978 che istituisce il Servizio sanitario nazionale e determina la nascita della pediatria di famiglia.
Il primato mondiale per il più basso tasso di mortalità sotto i 5 anni spetta però alla Svezia, mentre i tassi più elevati di mortalità sotto i 5 anni si osservano nei Paesi del continente africano. Somalia, Sierra Leone e Ciad, per esempio, presentano dei tassi coincidenti con quelli che si registrano in Italia tra la fine degli anni '20 e l'inizio degli anni '30 del secolo scorso (tra 170 e 180 decessi entro i primi 5 anni di vita per mille nati vivi): si tratta di Paesi profondamente segnati da instabilità politica e conflitti, carenze infrastrutturali e povertà endemica.
Migliore è la situazione egiziana. I tassi dei Paesi asiatici presentano una situazione migliore: variano dal 22 per mille nel territorio Palestinese occupato a 64 per mille in India (paragonabile ai tassi negli anni '50 in Italia). Fa eccezione l'Afghanistan, che ha un tasso di 149 per mille, valore registrato in Italia nel 1934. Nel 2010 i paesi dell'America e dell'Europa presentano in genere livelli più bassi di mortalità con la Svezia al 3 per mille, Cuba al 6 per mille e Stati Uniti all'8 per mille.
In questi 125 anni di storia italiana si assiste anche a una profonda trasformazione del quadro nosologico e al cambiamento delle principali cause di morte. Nel 1895 la mortalità sotto i 5 anni in Italia è dovuta nel 65% dei casi a malattie infettive. Le gastroenteriti e appendiciti e le febbri tifoidi e paratifoidi rappresentano circa il 26% di tutti i decessi, mentre l'influenza la bronchite e polmonite circa il 21%. La tubercolosi è responsabile di circa il 4% della mortalità totale. Nel gruppo residuale delle altre malattie infettive e respiratorie (14% della mortalità) si annoverano il morbillo (responsabile di circa il 3% dei decessi), la meningite (3%), la pertosse (2%), e la malaria (2%). Il restante 35% muore di altre cause, in cui sono incluse condizioni di origine perinatale e malformazioni congenite.
Negli anni successivi, fino al 1931, il tasso di mortalità si dimezza passando a 170 per 1.000 nati vivi. Alcune malattie infettive, infatti, come vaiolo e difterite arrivano quasi a scomparire, altre (scarlattina, pertosse, morbillo e malaria) diminuiscono in maniera consistente. Nel periodo successivo, dagli anni '30 agli anni '60, il tasso di mortalità totale diminuisce del 72%, grazie al miglioramento delle condizioni igieniche e sanitarie, alla variazione dei regimi alimentari e a nuovi metodi di profilassi e cura di malattia.
Si arriva così ai nostri giorni con un declino della mortalità di un ulteriore 91% (nel 2011 il tasso è di 3,9 per 1.000 nati vivi) e un cambiamento significativo della struttura nosologica, tanto che le principali cause di morte diventano le malformazioni congenite e le condizioni di origine perinatale.
(Cds/ Dire)