Roma, 18 apr. - Nei giorni scorsi l'Asl Roma E ha reso pubblici i contenuti di un protocollo messo a punto per garantire i bisogni spirituali dei pazienti. Si tratta di un'iniziativa che si inquadra all'interno di un piano più ampio che punta all'umanizzazione delle cure. I primi interventi pratici saranno operati all'interno dell'Ospedale Santo Spirito di Roma. I pazienti stranieri ricoverati in questo presidio potranno, in ogni ora del giorno e della notte, richiedere la presenza di un assistente religioso, qualunque sia la confessione del caso.
Dialogo interculturale. L'avvio dell'assistenza religiosa al Santo Spirito di Roma rappresenta la finalizzazione di un lavoro che ha previsto il confronto con i rappresentanti di tutte le religioni. Il protocollo definisce, in 10 punti, azioni e impegni presi per tutelare il diritto all'assistenza spirituale e religiosa delle persone che si rivolgono alla ASL Roma E.
L'Azienda sanitaria ha inoltre proposto alle altre Asl del Lazio di aderire al laboratorio, offrendo anche un supporto per adattare e sperimentare il modello.
Curare il corpo ma anche lo spirito. "Siamo di fronte a un fatto positivo- ha spiegato Foad Aodi presidente dell'Amsi (Associazione medici stranieri in Italia), di Co-mai (Comunità del mondo arabo in Italia) e fondatore di Uniti per unire- che contribuirà a proseguire il lavoro che la Sanità italiana sta compiendo per rispondere alla domanda di salute dei cittadini stranieri e dei migranti. Noi medici dell'Amsi da molto tempo stiamo collaborando con la Regione Lazio per il perfezionamento di programmi simili a questo".
Nei momenti di sofferenza le persone, specialmente se lontane dai propri parenti, possono trovare conforto nell'affidarsi alla religione. "Poter contare sulla propria fede- ha aggiunto Aodi- può essere di grande aiuto alle persone straniere, specialmente se colpite da patologie molto gravi. È infatti provato che possedere un animo sereno rende più facile risolvere i mali del corpo. Gli stranieri, secondo le statistiche, tendono ad ammalarsi di più nei primi mesi di permanenza in un altro paese, proprio perché possono cadere in depressione, e incappare in problemi di salute legati al conseguente abbassamento delle difese immunitarie. Per questo godere di un aiuto psicologico può contribuire a migliorare anche il quadro clinico generale".
(Cds/ Dire)