Roma, 2 apr. - Articolo tratto da "La Repubblica". Per sessanta giorni hanno assaporato la gioia di essere genitori. Un desiderio che non potranno più vivere. Il loro unico figlio è deceduto dopo due mesi di agonia lo scorso luglio. Ma dietro la fine terribile del loro bimbo non ci sarebbe il destino avverso. Ma una colpa professionale. Una responsabilità in capo ai camici bianchi che per la procura di Roma è doppia. Non solo la perdita del figlio ma anche la possibilità negata di poterne avere degli altri in futuro. Dopo il parto alla donna è infatti stato asportato l'utero. E anche in questo caso la condotta dei dottori, sempre per i pubblici ministeri, fu "negligente". Un intervento che salvò la vita alla paziente ma che fu la causa di un errore compiuto a monte da parte dell'equipe.
Omicidio colposo e lesioni personali colpose, per questi due reati il procuratore aggiunto Leonardo Frisani e il sostituto Attilio Pisani procedono, ad oggi, contro ignoti. Ma non dovrebbero tardare ad iscrivere i nomi dei medici che intervennero sulla paziente lo scorso maggio al policlinico Gemelli. Bimbo che spirò due mesi dopo trasportato d'urgenza, in un altro ospedale, nel tentativo disperato di strapparlo alla morte.
Se lo ricorderanno per sempre i genitori. Giovanni Ionut, stesso nome dato al figlio e Seila Ceaus la moglie di 39 anni.
Per sempre rimarrà impressa alla coppia di lavoratori romeni cosa significhi passare dalla gioia più totale alla tristezza più profonda nel giro di poche ore. Un epilogo non programmato. Una disgrazia nella disgrazia su cui la procura vuole fare chiarezza.
Le responsabilità, ragionano a piazzale Clodio, sarebbero chiare. E sarebbero emerse dalla consulenza medico legale che da pochi giorni è nelle mani del pubblico ministero Attilio Pisani. In pratica i medici si sarebbero trovati davanti a un quadro critico della partoriente. Avrebbero dovuto, data la condizione che si presentava, optare per il taglio cesareo. Operazione che avrebbe salvato, molto probabilmente e sempre per la procura, la vita del neonato ed evitato la successiva asportazione dell'utero.
I medici invece sottovalutarono, per i pm, lo stato in cui si trovava la donna e scelsero la via del parto naturale.
Secondo fonti del policlinico la paziente sarebbe stata, invece, costantemente monitorata. Entrata alle nove di mattina al pronto soccorso avrebbe poi dato alla luce il figlio alle due di pomeriggio. Un travaglio non facile e seguito dai medici con la dovuta professionalità. Tuttavia sarebbero emerse diverse criticità a cui i camici bianchi, sempre da fonti interne al Gemelli, reagirono correttamente. Così come fu indispensabile l'asportazione dell'utero. Poiché la donna fu colpita da una violenta emorragia ("Cid", coagulazione intravascolare disseminata) durante il parto che rese necessaria, per salvare la vita alla donna, l'isterectomia.
(Cds/ Dire)