Roma, 26 nov. - Crollo dei decessi scesi del 30% rispetto al picco del 2005 e forte calo delle nuove diagnosi di infezione che registrano un meno 33% rispetto al 2001, dimezzata (-52% rispetto al 2001) l'infezione tra i bambini.
A uno sguardo d'insieme la situazione dell'Aids sembra essere quasi migliorata o perlomeno stabile. Non e' cosi'. I farmaci antiretrovirali hanno funzionato ma il virus Hiv ha ancora la forza di sorprendere. Esiste, e circola in maniera prepotente tra gli eterosessuali, ricomincia a diffondersi tra gli omosesuali e ci sono avvisaglie del riemergere dell'infezione tra i tossicodipendenti.
L'allerta dei rapporti Ecdc e UnAids e' piu' o meno esplicita ma si legge tra le righe. Al punto che l'Oms in occasione della Giornata mondiale Aids 2013, il prossimo 1° dicembre, raccomanda nelle nuove linee guida per il trattamento dell'Hiv che gli Stati riescano a prevenire fino a 3,5 milioni di nuove infezioni trattando precocemente con la terapia ART i sieropositivi. Le criticita' pero' permangono.
Le fasce piu' vulnerabili hanno enormi difficolta' di accesso ai trattamenti, il preservativo si usa pochissimo, l'Italia e' ultima. E poi, c'e' il serbatoio degli infetti che non sanno di essere tali.
"L'epidemia e' cambiata, e' innegabile- afferma Stefano Vella, direttore del Dipartimento del farmaco dell'Istituto superiore di sanita' (ISS)- l'Hiv si diffonde per via eterosessuale, l'eta' dei sieropositivi e' aumentata, sono i cinquantenni e oltre a percepire meno il pericolo dei comportamenti a rischio e alla diagnosi si arriva quando c'e' la polmonite. Il virus Hiv innesca processi infiammatori che cronicizzano, quindi va curato il piu' precocemente possibile. Poi c'e' il problema della diffusione delle infezioni nell'Europa dell'est e Asia centrale con un'impennata del 13% in pochi anni. I governi devono capire che l'Aids e' una malattia globale, nessun paese puo' pensare di occuparsene da solo".
Nel nostro paese le nuove diagnosi sono 3.853 (6,5 nuovi casi/100.000 residenti), il 43% per via eterosessuale, il 60% riguarda diagnosi di 'late presenters', soggetti infetti da anni ma con sintomi che si presentano in grande ritardo. I sieropositivi sono circa 160.000 mila con un calo del 6,7%.
"Insieme si registra un calo dell'attenzione e una generale sottovalutazione del rischio- dice l'infettivologo Gianpiero Carosi- si confonde il fatto che il virus sia gestibile con i farmaci con l'idea che non esista piu' invece la trasmissione si alimenta con gli eterosessuali che non si proteggono nei rapporti occasionali".
(Cds/ Dire)