Roma, 2 dic. - Sarebbero state 203.000, una cifra dieci volte superiore a quanto comunicato ufficialmente, le morti causate a livello globale dall'influenza H1N1 del 2009. La stima e' stata ottenuta da un ampio studio commissionato dall'Organizzazione Mondiale della Sanita' (OMS) a una collaborazione che ha coinvolto oltre 60 ricercatori di 26 paesi e il progetto Glamor (Global Pandemic Mortality), e che ora e' pubblicato sulla rivista on line "PLoS Medicine".
I dati ufficiali dell'OMS segnalavano 'appena' 18.449 decessi, ma questa cifra registra solamente i casi di influenza in cui la presenza del virus H1N1 era stata confermata attraverso esami di laboratorio, esami condotti- com'e' facile immaginare- solo su una parte delle persone colpite da influenza. Questo ha portato a identificare un numero di vittime abbastanza ridotto, tanto da indurre molti ad accusare l'OMS di un allarmismo che avrebbe provocato uno spreco di risorse da parte di molti stati.
I risultati del nuovo studio dimostrano ora che il virus H1N1, anche se meno letale del famigerato virus dell'influenza 'spagnola' del 1918, rappresentava comunque un serio pericolo.
Lo studio ha utilizzato i dati dei bollettini settimanali dell'OMS sull'andamento delle infezioni virali e quelli sulla mortalita' di 21 paesi (che rappresentano circa il 35 per cento della popolazione mondiale), per poi calcolare il numero di morti da patologie respiratorie, stimarne l'eccesso nel periodo sotto osservazione rispetto agli andamenti usuali, ed estrapolare i risultati dei paessi considerati a tutto il mondo. In questo modo i ricercatori sono arrivati alla cifra gia' ricordata di 203.000 decessi. Il conto pagato al virus H1N1 sale pero' ulteriormente se alle vittime dirette dell'influenza si aggiungono quelle decedute per l'aggravamento di malattie preesisitenti, per lo piu' cardiovascolari: in tal caso, i decessi salgono a 400.000.
Lo studio mette in evidenza che dal 62 all'85 per cento delle persone decedute aveva meno di 65 anni, in netto contrasto con quanto avviene nelle normali influenze stagionali, in cui sono maggiormente a rischio gli anziani. I tassi di mortalita' inoltre variano enormemente da una regione del globo all'altra: in alcune regioni, come il Messico, l'Argentina e il Brasile sono fino a 20 volte superiori alle medie globali, mentre in altre, come Nuova Zelanda, Australia e buona parte dell'Europa, sono significativamente inferiori.
Relativamente ridotto, invece, il numero di morti registrate in Africa e Sud-Est asiatico, un dato che pero', secondo gli autori dello studio, va valutato tenendo conto della scarsissima disponibilita' di dati relativi a molti di quei paesi, per cui e' difficile capire cio' che vi e' realmente accaduto. In quelle regioni sara' quindi necessario condurre ulteriori studi, anche se la priorita' e' quella di trovare il modo di dotare quei paesi di un adeguato sistema di rilevazione e controllo delle patologie infettive.
(Cds/ Dire)