Roma, 2 dic. - Ancora tre giorni e in Europa scattera' il liberi tutti per le cure mediche nei 28 Paesi dell'Ue. Il decreto del ministero della Salute di attuazione della direttiva europea che avvia la Schengen sanitaria e' gia' pronto e dovrebbe arrivare in Consiglio dei Ministri entro il 4 dicembre, termine ultimo per recepire le norme Ue. Per scegliere di curarsi in un ospedale di Parigi o Berlino bisognera' attendere pero' ancora uno o due mesi, il tempo necessario perche' il decreto ottenga il via libera della Conferenza Stato-Regioni e delle Commissioni parlamentari competenti. Ma oramai il dado e' tratto e per una volta l'Italia non si e' fatta trovare impreparata.
La nuova sanita' senza frontiere sara' comunque sottoposta a regole rigide e limiti che sembrano garantire liberta' di cura soprattutto ai casi di liste d'attesa troppo lunghe. "Per la prima volta abbiamo una direttiva che non parla di circolazione di merci e monete ma di europeizzazione del sistema di welfare", commenta il ministro della salute, Beatrice Lorenzin. Che precisa: "Certo, in questo momento dobbiamo anche garantire un uso appropriato delle risorse per evitare sprechi, ma abbiamo molte eccellenze sanitarie per vincere questa sfida". Anche se, in caso di eccessive fughe all'estero, e' previsto un decreto 'salute-economia' che limiti in futuro l'applicazione della direttiva.
Cosa serve per curarsi all'estero. Prima di tutto occorre presentare richiesta di autorizzazione alla propria Asl, che entro 10 giorni risponde. Per la richiesta esistono moduli forniti dalla stessa Asl, nei quali bisogna indicare la prestazione sanitaria richiesta e il luogo di cura. Saltato il primo ostacolo si presenta, sempre alla Asl, la vera domanda, che deve avere risposta entro 30 giorni, 15 nei casi urgenti.
L'autorizzazione preventiva e' richiesta nei casi di ricovero, per "l'utilizzo di infrastrutture sanitarie e apparecchiature mediche altamente specializzate e costose" e quando le cure comportino un particolare rischio per il paziente.
L'autorizzazione non puo' essere rifiutata quando non si e' in grado di assicurare l'assistenza in patria "entro un termine giustificabile dal punto di vista clinico", e questo anche in rapporto all'intensita' del dolore della malattia. Le cure transfrontaliere comprendono la telemedicina.
Quando non si viene autorizzati. Tanto per cominciare l'assistenza oltre confine non sara' autorizzata per "servizi assistenziali di lunga durata", trapianti d'organo, vaccinazioni. Poi, le prestazioni dovranno essere erogate da strutture pubbliche o che lavorano per il pubblico. Se si va in clinica privata, quindi, niente rimborsi. Il veto verra' posto anche se a giudizio della Asl l'ospedale o il medico stranieri destino "gravi e specifiche preoccupazioni rispetto agli standard di qualita' dell'assistenza e alla sicurezza del paziente". Per valutare questi rischi negli Stati membri verranno individuati indicatori per misurare le performance di reparti ospedalieri e singoli medici. Una struttura tutta da inventare.
Costi e rimborsi. I costi sono rimborsati "in misura corrispondente alle tariffe regionali vigenti", la differenza sara' a carico del paziente il quale dovra' sobbarcarsi anche i costi di viaggio, vitto e alloggio, per se' ed eventuale accompagnatore. Sara' sempre il paziente ad anticipare i costi, presentando poi domanda di rimborso all'Asl con allegati certificazione medica e fattura. Il rimborso dovrebbe arrivare entro 60 giorni.
Punti di contatto ed eccellenze. Per aiutare i cittadini a orientarsi in questa babele burocratica il ministero ha gia' istituito un 'Punto di contatto' che fornira' informazioni sugli ospedali in tre lingue. Inoltre un accordo Stato-Regioni sta per definire gli indicatori dei centri di eccellenza, compresi i singoli reparti, che consentiranno agli assistiti di orientarsi dove la sanita' e' da 10 e lode.
(Cds/ Dire)