(DIRE - Notiziario settimanale Esteri) Roma, 28 mag. - Yefren e' una cittadina a 130 chilometri a sud di Tripoli, in Libia.
Nonostante sia arroccata sull'estremita' settentrionale dell'altipiano di Gebel Nefusa, a 700 metri di altitudine, neanche questa localita' di cultura amazigh - berbera - puo' dirsi al sicuro dagli effetti della pandemia di Covid-19. "Il primo caso di contagio e' stato individuato solo tre giorni fa, e' un cittadino rientrato dalla Turchia" riferisce all'agenzia Dire Hussein Kafo, il presidente dell'associazione At Yefren. "Il problema qui pero' e' il lockdown, che ha lasciato senza lavoro tante persone".
At Yefren e' nata nel 2012, all'indomani dei moti popolari che invocavano riforme democratiche, a cui poi e' seguito un conflitto non ancora terminata. L'obiettivo dell'ong: mettere a disposizione osservatori elettorali facendo rete con altre organizzazioni locali e internazionali. Come sottolinea Kafo, lo scopo e' "favorire il cambiamento democratico" e con i colleghi, circa una trentina, sono state seguite elezioni amministrative in tutta la Libia e anche le legislative dello scorso anno in Tunisia.
Il recente blocco ai trasporti e alle attivita' commerciali imposto da Tripoli per limitare i contagi da Covid-19 ha costretto pero' l'organizzazione a rivedere la propria missione. "Abbiamo dovuto fare appello a donazioni private - dice il presidente - e oggi siamo riusciti a consegnare pacchi alimentari e denaro a oltre 300 famiglie in difficolta'".
All'attivismo solidale Kafo ha unito l'impegno politico. E' stato eletto sindaco di Yefren, e alla Dire spiega i problemi della sua citta': "Qui sono arrivate circa 180 famiglie da Tripoli, scappate a causa del conflitto tra il Governo di sccordo nazionale e il generale Khalifa Haftar, iniziato ad aprile 2019. Molte di loro non hanno una casa o un lavoro e cosi' il Comune le aiuta a pagare l'affitto o a trovare un impiego. Ma ora a causa del lockdown si e' fermato tutto".
Molte famiglie sono raggiunte dagli aiuti offerti della ong. Tra i beneficiari ci sono anche i residenti di Yefren e gli stranieri: "Tanti africani si sono stabiliti qui per lavorare" dice Kafo, che tiene a chiarire che non si tratta di profughi: "A loro provvede l'Organizzazione internazionale per le migrazioni".
Ci sono la pandemia e il conflitto libico ma il presidente di At Yefren chiarisce: "Qui le bombe non arrivano. Inoltre abbiamo un ottimo ospedale e siamo gli unici nella zona ad effettuare i test per il coronavirus". La vera minaccia quindi sarebbe la poverta': "Abbiamo chiesto alla gente di restare in casa per contenere il virus, ma tanti non ce la fanno ad andare avanti.
Cosi' portiamo i pacchi alimentari a domicilio".
Sull'offensiva di Haftar, Kafo e' netto: "E' stato un atto inutile e ingiusto; invece di sedersi al tavolo dei negoziati e discutere come risolvere i problemi, Haftar ha preferito attaccarci, uccidendo tanta gente". La Libia al contrario, secondo il presidente di At Yefren, "si aggiusta solo lavorando tutti insieme".
(Red/ Dire)