Roma, 28 nov. - "Sono qui per testimoniare sull'uccisione di mio padre e mia madre da parte di Carlos Malatto, oggi latitante in Italia, durante la dittatura militare in Argentina".
Cosi' all'agenzia Dire Eva Lerouc, la primogenita di Armando Alfredo Lerouc e Elida Lourdes Saroff, arrestati nel 1976 a San Juan.
La loro storia e' simile a quella di altri centinaia di "desaparecidos" argentini: arrestati perche' militanti politici contrari al regime di Videla, non fecero mai ritorno a casa.
Armando venne fucilato, mentre di Elida si perse ogni traccia. Di queste e di molte altre uccisioni e' accusato Malatto, ex ufficiale che per sfuggire al processo per lesa umanita' in Argentina si trasferi' anni fa in Italia. Di lui si e' tornati a parlare a giugno, quando inchieste di stampa hanno permesso di individuarlo in Sicilia, in un complesso turistico di lusso non lontano da Messina.
L'Argentina ha presentato richiesta di estradizione ma le autorita' italiane nel 2014 l'hanno respinta preferendo processare direttamente Malatto. Per questo, stamani, Eva ha incontrato i pubblici ministeri del Tribunale di Roma, dove proseguono le indagini per i reati di omicidio plurimo, associazione per delinquere, lesioni aggravate, violazione di domicilio e sequestro di persona a carico di Malatto. In Italia, i familiari delle vittime sono seguiti dagli avvocati Francesca Sassano, Marta Lucisano, Arturo Salerni e Alessia Liistro.
"Non ho ricordi dei miei genitori" dice Lerouc. "Quando furono uccisi avevo due anni e mio fratello pochi mesi. Ma oggi noi parenti ci battiamo per ottenere un giusto processo e l'estradizione. Tra noi vittime usiamo dire: cosi' come e' successo con i nazisti, ovunque andranno a nascondersi, noi li troveremo". Lerouc e' un'esponente dell'associazione Hijos - Mendoza, che si batte per fare verita' sulle sparizioni forzate durante la dittatura degli anni 1976-1983. La sua e varie altre cause giudiziare sono sostenute in Italia dalla onlus 24 marzo.
Quando Eva Lerouc e suo fratello rimasero orfani spetto' alle nonne dei due bambini tenere viva la memoria dei loro genitori e dei fatti storici. "In Argentina - dice Lerouc - le donne che hanno perso figli o nipoti nella dittatura fanno questo: tengono vivo il ricordo". E' anche grazie a loro se dopo tanti anni "esiste una certa consapevolezza della storia, anche tra i giovani". Dal 2006, evidenzia l'attivista, le autorita' argentine hanno dato forte impulso ai processi per lesa umanita' contro torturatori e aguzzini del regime dei militari. Lerouc denuncia che pero' "dal 2015 tutto questo a subito una battuta d'arresto: il governo del presidente Mauricio Macri ha tagliato i fondi alla giustizia destinati a tali processi. Cosi' come e' successo per le attivita' legate ai diritti umani".
Oggetto di "attacchi molto gravi" secondo Lerouc, anche le associazioni come "quella delle Madri e delle Nonne di Plaza di Mayo", organismi che da quattro decenni cercano di ritrovare i 'desaparecidos', indagando sulle morti dei figli e ritrovando i nipoti: oltre centro quelli individuati grazie alla banca del Dna. Durante la dittatura, i figli dei militanti venivano dati in adozione, dividendo migliaia di famiglie.
Il governo di Macri ha cercato di far approvare una legge che dimezzava le condanne gia' emesse contro i criminali della dittatura; una proposta, sottolinea Lerouc, "che ha suscitato forti manifestazioni di protesta in Argentina".
Speranze vengono ora riposte nell'esecutivo del neo-eletto presidente Alberto Fernßndez. "Intende rifinanziare i processi - dice Lerouc - e sostenere l'attivismo delle associazioni".
(Red/ Dire)