Napoli, 9 mag. - In Eritrea, come nel resto dell'Africa, non e' la fame il problema principale che spinge tante persone a emigrare. Ne e' convinto Haji Jaber, giornalista e scrittore originario di Massaua, intervistato dalla 'Dire' alla libreria Tamu di Napoli, dove ha recentemente presentato il suo ultimo libro, 'Fuga dalla piccola Roma' (L'Arcolaio, 2019).
"Vedo che l'Europa in generale, e l'Italia in particolare, prestano molta attenzione alle migrazioni, se ne preoccupano e cercano anche di contenere queste ondate, curandosi soprattutto dei risultati che ottengono" ha detto Jaber. "Bisogna pero' guardare alla radice del fenomeno e cioe' al fatto che in Africa, e in particolare in Eritrea, i cittadini sono oppressi".
Secondo Jaber, dunque, "non e' la poverta' il problema principale: una volta che riusciranno a liberarsi dalle dittature, molti africani smetteranno da soli di spostarsi dai loro Paesi verso l'Europa". Una condizione, quella dell'emigrante, che Jaber conosce in prima persona: "Ho lasciato l'Eritrea per l'Arabia Saudita con la mia famiglia, quando avevo due anni e sono tornato quando avevo poco meno di 30 anni, nel 2010".
È in quel periodo che Jaber "decide di diventare eritreo": in parte spinto dai racconti carichi di nostalgia della nonna, ma soprattutto perche', crescendo, scopre che i "veri" sauditi non lo considerano uno di loro.
"Tutti i Paesi del Golfo hanno un atteggiamento negativo verso gli africani" dice: "Cosi' ho deciso di imparare l'inno nazionale, di scegliere un cantante preferito e una squadra del cuore eritrei, che prendessero il posto di quelli sauditi".
Oggi, pero', Jaber non puo' piu' tornare nel suo Paese di origine e ha scelto un nuovo Paese di adozione: il Qatar, dove lavora come editor per l'emittente 'Al-Jazeera'. "Gli eritrei ce l'hanno con i miei romanzi" sospira lo scrittore. Non puo' sorprendere che le autorita' di Asmara non amino la letteratura di Jaber, che pure ha ottenuto numerosi premi sin dal suo primo romanzo, Samraweit (2012), che ha ottenuto il premio Sharjah per la creativita' araba.
Nei suoi libri, che affrontano di volta in volta temi storici e di attualita', lo scrittore denuncia a piu' riprese il sistema di potere di Asmara. In particolare, viene alla luce il tema della leva militare, che nel tempo e' diventata obbligatoria per persone sempre piu' giovani e ora e' imposta a ragazzi e ragazze di 16 anni.
"È una situazione che ricorda 'Il Deserto dei Tartari' di Dino Buzzati" dice Jaber. "I campi di addestramento servono ad annichilire la volonta' dei cittadini, per metterla al servizio del regime. Cosi' l'unica via di fuga e' migrare, attraversando i confini con il Sudan e l'Etiopia o andando in Yemen".
Fino a quando questo sistema non verra' smantellato, trattati bilaterali, intese e partenariati "non avranno nessun valore" risponde lo scrittore alla 'Dire', che gli chiede delle relazioni tra Roma e Asmara. E sulla pace firmata l'anno scorso con l'Etiopia Jaber non e' molto piu' ottimista: "In Etiopia ha avuto effetti positivi, in Eritrea non e' cambiato niente".
(Red/ Dire)