Roma, 9 mag. - "La mostra si intitola 'Rothko in Lampedusa' perche' ricorda uno dei piu' grandi artisti del Novecento. Se Marlik Rothko non avesse avuto la possibilita' di esprimere il proprio talento, l'intera umanita' avrebbe perso qualcosa di grande. La stessa cosa accade a tanti rifugiati di oggi, che a causa delle condizioni in cui vivono non possono mettere in pratica la propria creativita', che altro non e' poi che l'espressione della propria dignita'". Cosi' alla 'Dire' Carlotta Sami, portavoce dell'Alto commissariato dell'Onu per i rifugiati, spiega il senso del progetto espositivo di Unhcr 'Rothko in Lampedusa', curata da Luca Berta e Francesca Giubilei e visitabile a Palazzo Querini dall'11 maggio al 24 novembre.
In occasione della 58esima edizione della Biennale d'arte di Venezia infatti l'agenzia Onu porta nel capoluogo veneto le opere di 13 artisti rifugiati. Di questi otto sono gia' nomi affermati nel mondo dell'arte contemporanea avendo fatto della loro esperienza di esuli il perno del proprio lavoro, mentre gli altri cinque sono talenti emergenti.
"Unhcr - dice Sami - da anni promuove una narrazione dei rifugiati diversa rispetto a quella normalmente proposta, che li presenta come una massa indistinta di persone con nessun talento o opportunita' particolare, e generalmente rappresentata come un peso". Al contrario, i 13 artisti invitati a partecipare portano con se' capacita', idee, nonche' un ricco - e spesso drammatico - vissuto personale, "in grado di dare un profondo contributo alle nsotre societa'", dice Sami. Lo stesso che dette il pittore Markus Rothokowitz alias Mark Rothko, che nel 1910 lascio' la Lettonia con la sua famiglia alla volta degli Stati Uniti per sfuggire alle persecuzioni razziali, religiose e politiche. Un destino toccato a milioni di persone in Europa nella prima meta' del XX secolo e che oggi coinvolge 70,4 milioni di persone in tutto il mondo, come stima l'Onu.
Gli artisti proposti da 'Rothko in Lampedusa' provengono da tutto il mondo: si va dal fotografo cinese Ai Weiwei che ripropone il lavoro di Rothko usando i mattoncini Lego donati da migliaia di persone, ad Abubakar Mansaray, che racconta la tragedia dei massacri vissuti in Sierra Leone assemblando in modo complesso i resti di ordigni bellici. Il risultato finale sono macchinari ricchi di ironia e creativita', ma che non permettono all'osservatore di dimenticare il loro bagaglio di morte e distruzione. Residente da dieci anni in un campo per rifugiati, Hassan Yare invece ha scelto le strisce a fumetti per raccontare la vita quotidiana, segnata dal dramma di aver perduto nella guerra civile somala famiglia e amici. Un modo per ricordare che per migliaia di persone quel tipo di vita e' la normalita', resa piu' aspra da "una immutabile condizione giuridica e di vita" data dall'essere "rifugiato".
"Il senso di questa mostra e' anche occasione "di allacciarci ad altre iniziative della Biennale che avranno come focus la fuga, da un lato, e l'inclusione dall'altro" prosegue Carlotta Sami, convinta che "una societa' che vuole prosperare non puo' che essere aperta, rispettosa dei diritti fondamentali e cosmopolita, e Venezia e in questo e' il simbolo per eccellenza".
E in attesa dell'esito delle prossime elezioni europee, in un momento in cui l'Europa fatica ad accogliere i migranti, l'agenzia Onu spera di mandare un messaggio di dignita' e liberta'. "L'Europa e' grande proprio perche' ha la capacita', in mezzo a mille difficolta' - pensiamo alle due guerre mondiali attraversate - di ricostruirsi dando spazio a grandi talenti, menti ed energie" dice la portavoce Unhcr. "Per settant'anni ha garantito pace a un intero continente e questo anche grazie alla capacita' di mescolarsi con altre culture".
Il progetto 'Rothko in Lampedusa', finanziato dal gruppo Unicredit, e' sostenuto dall'Universita' Ca' Foscari di Venezia e dalla rete Refugee Welcome, che permettera' agli artisti di essere accolti da famiglie veneziane.
(Red/ Dire)