Roma, 9 mag. - "I bandi per il settore profit hanno anzitutto un significato 'vocational': al di la' del loro valore economico, servono a sviluppare sensibilita' e consapevolezza nuove". Giorgio Marrapodi, direttore generale per la Cooperazione al sviluppo, riceve l'agenzia 'Dire' in Farnesina a pochi giorni da Exco2019.
L'esposizione, organizzata da Fiera Roma insieme con Diplomacy e Sustainaway, prevede incontri, presentazioni e dibattiti dal 15 al 17 maggio. Sara' un'occasione, anticipa Marrapodi, diplomatico di lungo corso, da Bucarest a Vienna fino a New York all'Onu, per riflettere sulle opportunita' aggiuntive che anche rispetto alla cooperazione tradizionale le imprese sembrano poter offrire.
- Direttore, quali sono i paletti da rispettare e le ricette giuste perche' davvero le realta' profit favoriscano percorsi di sviluppo? "C'e' una premessa: il dibattito internazionale e' sempre piu' incentrato sul tema del coinvolgimento del settore privato anche nelle dinamiche di cooperazione, con l'obiettivo di favorire uno sviluppo sostenibile ed inclusivo dei Paesi partner. Questo coinvolgimento deve avvenire in linea con gli obiettivi sanciti dall'Agenda 2030, il Global Compact delle Nazioni Unite e i pertinenti documenti di policy europei. Se da un lato, con la sua azione di stimolo, il settore pubblico puo' cercare di creare le condizioni per favorire l'intervento responsabile del settore privato, da un altro le imprese dovranno perseguire un modello di business che miri a superare il mero perseguimento del profitto con l'obiettivo di ricercare lo sviluppo sostenibile dei Paesi partner. I governi dovranno collaborare per favorire un 'business climate' favorevole allo sviluppo del settore privato in Africa, mentre le realta' profit dovranno cogliere le opportunita' di investimento e commerciali presenti nel continente. Al riguardo e' importante il concetto di 'multistakeholder partnership' e la dimensione del dialogo strutturato con la societa' civile e con i partner sociali: questi sono attori chiave per monitorare il rispetto degli standard del lavoro e ambientali nelle catene del valore e sono apripista per la conoscenza privilegiata del terreno dove si opera. Diventa quindi imprescindibile favorire nuovi modelli di alleanze fra governi, Regioni, Comuni, imprese e organizzazioni non governative".
- Quali saranno i principi da rispettare? "Anzitutto quelli della trasparenza, del rispetto dei diritti umani, del lavoro dignitoso, della tutela dell'ambiente, dell'apertura internazionale e della libera concorrenza. E' importante poi che gli interventi del privato avvengano in un contesto in cui vi sia un saldo raccordo con le autorita' locali e con le loro priorita' politiche, in ossequio al principio dell'appropriazione, che garantisce che le nostre attivita' di cooperazione siano in linea con i piani di sviluppo stabiliti in loco. Cio' permette di intervenire su settori che a livello locale si ritengono prioritari per il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione, con particolare attenzione ai gruppi piu' vulnerabili, e per la creazione di societa' piu' eque".
- Rispetto al ruolo del settore profit nella cooperazione allo sviluppo, a ormai diversi anni dalla riforma configurata dalla legge 125/2014, a che punto siamo? "Abbiamo fatto passi avanti nel favorire un superamento della diffidenza esistente tra il mondo profit e gli attori tradizionali del settore della cooperazione allo sviluppo, ovvero il sistema del organizzazioni non governative e i rappresentanti della societa' civile. Allo stesso modo, ci si e' adoperati per incentivare la partecipazione del settore privato sostenendo attraverso procedure di evidenza pubblica la realizzazione di iniziative pilota promosse dalle imprese in partenariato con ong o altre organizzazioni no profit. Si tratta di idee imprenditoriali da realizzare nei Paesi partner che prevedono un piccolo co-finanziamento per stimolare la mobilitazione di risorse private con premialita' per progetti 'multistakeholder' di sviluppo sostenibile. Per le imprese esistono poi opportunita' a livello europeo: penso a strategie e strumenti innovativi come il Piano europeo per gli investimenti esterni e il relativo Fondo per lo sviluppo sostenibile basato sui meccanismi di 'blending' esistenti e sulla creazione di un nuovo schema di garanzia per la riduzione del rischio come strumento per favorire gli investimenti esteri in mercati piu' difficili come quello africano e affrontare le cause profonde dei flussi migratori.
In quest'ambito un ruolo importante e' attribuito a Cassa depositi e prestiti, deputata a interfacciarsi con l'Ue e le altre istituzioni finanziarie e banche di sviluppo internazionali per definire strumenti innovativi che rispondano in maniera flessibile al dinamismo della domanda di sostegno proveniente dai Paesi partner".
- C'e' un'iniziativa specifica sulla quale, anche andando al di la' di Exco2019, intendete puntare? "Tra i settori piu' promettenti ci sono l'agroindustria, il manifatturiero e l'energia rinnovabile. Come esempio di 'best practice' di partnership pubblico-privata ricordo un'iniziativa volta a rafforzare la sostenibilita' e l'inclusivita' della filiera produttiva del caffe' in Etiopia. L'obiettivo del progetto - finanziato con due milioni e mezzo di fondi a dono veicolati tramite l'Unido - e' stato accrescere il valore aggiunto della catena aumentando i redditi dei piccoli coltivatori locali tramite un incremento della produttivita' e della qualita' del caffe', con anche la creazione di un centro di formazione per la tostatura del caffe' e il sostegno alle cooperative locali. L'iniziativa, finanziata dall'Italia, e' stata realizzata grazie a una collaborazione tra l'Unido, le autorita' etiopi, il settore privato locale e l'azienda Illy, che ha svolto attivita' di formazione. Si e' trattato di un primo esperimento, che ha dato un buon risultato: potrebbe essere replicato, allargandolo ad altre filiere produttive".
(Red/ Dire)