Roma, 20 giu. - "Ma davvero l'Europa aiuta l'Africa? O invece e' l'Africa che puo' offrire molto all'Europa? Sono domande che mettono scompiglio; o forse servono a far capire che questi due continenti sono complementari e insieme hanno un futuro indissolubile". Roberto Ridolfi sorride, sullo sfondo il Palatino, i Fori e San Pietro, senza curarsi dell'afa del giugno romano.
Siamo sulla terrazza della Fao, l'organizzazione dell'Onu dove questo diplomatico esperto di sviluppo, sicurezza alimentare, ambiente e migrazioni ha assunto l'incarico di vice-direttore generale aggiunto. Al caldo Ridolfi e' abituato, anche perche' prima di Bruxelles e dell'esperienza come dirigente della Commissione europea e' stato ambasciatore in diversi Paesi subsahariani. "Ho anche una figlia che e' nata in Malawi" ricorda, prima dell'intervista e di parlare delle "grandi sfide".
- Direttore, cominciamo dagli ultimi giorni. La Fao ha appena ospitato un simposio dal titolo 'Future of Food'. Qual'e' questo futuro? "L'incontro e' stato l'inizio di una riflessione importante perche' la Fao e' conosciuta come agricoltura ma e' in realta' e' anche 'food', qualcosa di molto piu' ampio e rilevante rispetto all'agricoltura, un settore che in molti Paesi rappresenta solo una piccola porzione del Pil. Il cibo e' legato alla salute, alla dieta, a un modo di vivere. Per noi italiani e' parte della cultura, di tradizioni, amicizie e rapporti interpersonali. Il simposio ha contribuito a idee e riflessioni che si aggiungono alle attivita' concrete della Fao. L'organizzazione, ricordo, ha due grandi mandati: quello normativo e quello di favorire lo sviluppo sostenibile. Insieme con altre agenzie dell'Onu, e' custode degli indicatori della sostenibilita'. Il mio compito e' trasformare questa scienza in strumenti pratici, semplici e applicabili, che possano entrare nel business, nelle transazioni economiche quotidiane, dalla tavola alla terra, dagli attrezzi agricoli ai fertilizzanti".
- E il futuro? "La domanda e': ce la faremo con soluzioni naturali a sfamare il pianeta, tenendo conto che nei prossimi 30 o 40 anni la popolazione globale sara' raddoppiata o triplicata? E poi: l'incremento demografico non e' simmetrico ma piu' accentuato dove c'e' piu' poverta'. Anche il 'climate change' purtroppo colpisce di piu' i poveri, favorendo i Paesi freddi, che diventano ottimi per l'agricoltura. C'e' uno stravolgimento degli equilibri. La grande cosa e' che la Fao ha sede a Roma, come il Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo e il Programma alimentare mondiale. Questa presenza congiunta puo' e deve generare una strategia del governo italiano, della societa' civile e dell'accademia. Pensiamo anche alla dieta mediterranea: un modo di vivere piu' che di vedere il cibo".
- E l'Africa? E' un riferimento? "La mia esperienza africana mi dice che oggi questo continente puo' offrire molto all'Europa. Non si parla piu' di aiuto.
L'Africa puo' aiutare l'Europa? E l'Europa puo' aiutare l'Africa? Domande che mettono un po' di scompiglio. La verita' e' che i due continenti hanno dinamiche economiche, demografiche, sociali e produttive complementari che, se messe insieme, configurano uno sviluppo armonioso dei due blocchi. L'orizzonte, ovviamente, deve essere la sostenibilita': economica, ambientale, sociale".
- E' questa la prospettiva di Agrinvest, l'iniziativa della Fao per gli investimenti in agricoltura? "Prima di parlarne serve una premessa: senza investimenti, non creiamo posti di lavoro. E gli investimenti vanno fatti ancora di piu' dove le condizioni sono difficili e causano migrazioni non volontarie, forzate, di persone che devono trovare assolutamente una risposta. Per questo e' fondamentale ridurre il rischio.
L'Unione Europea ha lanciato il Piano per gli investimenti esterni, che ora sta cominciando a essere messo in pratica.
Parliamo di 44 miliardi di euro: non e' tanto ma neanche poco, anche considerando che in futuro ci potranno essere aumenti.
Rispetto al Piano, la Fao e' un attore chiave: garantisce assistenza tecnica e mette a punto progetti di investimento che siano sostenibili e producano posti di lavoro decenti. L'impegno e' stabilizzare l'Africa, creando per altro sfoghi di mercato di cui oggi l'Europa, asfittica dal punto di vista della crescita economica, ha assolutamente bisogno. Tutto questo porta a una conclusione: Europa e Africa hanno un futuro indissolubile, totalmente collegato".
- A investire, nel Piano Ue, saranno soprattutto i privati? "Dei 44 miliardi di euro 38 o 39 provengono da li', per ragioni economiche e produttive, comunque legate al mercato. Il grande tema, qui, e' la riduzione del rischio. La prima area di intervento riguarda le policy e i regolamenti. Un Paese dove ci sono difficolta' estreme a ottenere i permessi per fare business non riuscira' ad attrarre investimenti. Anche sul piano interno la burocrazia fara' perdere tempo e denaro. Servono al contrario procedure amiche degli investimenti, a condizione che siano sostenibili sul piano ambientale, economico e sociale: devono essere inclusivi e non lasciare nessuno indietro. La parola 'sostenibile' deve essere inglobata nell'azione di 'policy support'. La Fao fa proprio questo con Agrinvest, un'iniziativa finanziata anche dall'Italia, che sta andando molto bene".
- Cos'altro serve per ridurre i rischi? "La tutela sul piano finanziario e commerciale. Chi va in un Paese ad alto rischio non se la sente di andarci da solo. Il Piano Ue per gli investimenti esterni si spiega cosi'. Il nodo e' creare una lista di progetti che siano 'bancabili', cioe' accettabili per un istituto finanziatore per formulazione, completezza e sostenibilita'. Il Piano Ue assiste le banche commerciali nelle garanzie e nelle operazioni. L'altro aspetto e' il dialogo con il governo per ridurre le difficolta' burocratiche o di policy".
- La Fao e le agenzie Onu hanno partecipato a Exco, la fiera della cooperazione internazionale che guarda alle imprese. Si sono aperte prospettive nuove? "Il mio e' un giudizio molto positivo. Roma, la mia citta', si e' mossa in modo dinamico. C'e' poi da riconoscere il ruolo di motore e ispiratore del viceministro Emanuela Del Re, che ha messo la sua autorita' politica su un'iniziativa che ha visto la partecipazione di aziende, governi esteri, Commissione e agenzie di sviluppo dell'Ue. C'e' stato anche un hackaton sugli Sdgs delle Nazioni Unite, con ragazzi che in tre-quattro giorni hanno presentato proposte operative. Un'altra novita' e' stata l'Auction Floor, la cosiddetta asta dei progetti, offerti a fondazioni e altri finanziatori. E' un tipo di iniziativa che puo' diventare virale. Le ong che preparano un progetto di sviluppo investono. E' un peccato, se il progetto e' ben fatto, non vedersi riconosciuto lo sforzo solo per la mancanza di fondi italiani o della Commissione Ue. Con la Auction Floor si da' una seconda chance".
- Si parla gia' di nuove edizioni di Exco...
"La seconda, la terza o la quarta potranno essere ancora migliori. Exco e' un segnale di vivacita' e presenza dell'Italia e da' forse anche una risposta alla domanda su qual'e' il ruolo delle agenzie dell'Onu a Roma e su quale strategia l'Italia intende sviluppare insieme con loro. So che questo discorso sta a cuore al governo. Suggerirei che i ministeri dell'Agricoltura, dello Sviluppo economico, della Salute e soprattutto degli Esteri si mettano attorno a un tavolo per sviluppare un'idea di come queste agenzie possono accompagnare l'Italia e di come l'Italia puo' sostenerle sempre di piu'".
(Red/ Dire)