Roma, 31 gen. - "Lavoro sul recupero delle donne vittime di tratta e su programmi di prevenzione e sensibilizzazione dal 1997. Da allora, la societa' e' profondamente cambiata. Esiste maggiore consapevolezza sul problema. Le famiglie - soprattutto le madri - sono meno disposte a vendere le proprie figlie. Ma ancora molto deve essere fatto". A parlare con l'agenzia 'Dire' e' suor Patricia Ebegbulem, coordinatrice della Rete africana contro il traffico di esseri umani (Anaht), a Palermo per la conferenza internazionale 'Prevenire la tratta di esseri umani', promossa da Ciss - Cooperazione internazionale sud-sud.
Suor Patricia e' anche co-fondatrice dell'associazione nigeriana Cosudow: "Ogni anno ci sono fino a 50mila donne nigeriane in viaggio verso l'Europa vittime di tratta".
Il suo lavoro, a Lagos, la metropoli subsahariana piu' popolosa, consiste nell'accogliere le donne vittime di tratta che tornano in Nigeria volontariamente o perche' rimpatriate dai governi europei. "Le seguiamo dal loro arrivo in aeroporto fino al loro completo reintegro nella societa'" spiega la religiosa. "A Lagos abbiamo una casa famiglia dove inizia il percorso di recupero. Vogliamo che si sentano a casa loro. Quindi diamo loro assistenza psicologica e medica. Si tratta di donne disperate, traumatizzate per le esperienze vissute. Molte di loro sono state vendute dalle famiglie, perche' troppo povere per andare avanti. Lavoriamo anche con loro, affinche' si ricostruiscano i rapporti, si ricuciano le ferite".
Nella casa famiglia di Lagos poi si lavora con le ragazze per individuare le loro capacita'. "Una volta scoperte - prosegue suor Patricia - offriamo alla ragazza percorsi di studio e formazione. L'obiettivo e' darle tutti gli strumenti per trovare un lavoro, avere soldi sufficienti per avere una casa propria, insomma ricostruirsi una vita, in piena dignita'. Molte di loro ce l'hanno fatta".
Ma il lavoro di suor Patricia Ebegbulem non finisce qui: la Rete africana contro il traffico di esseri umani (Anaht) ha realizzato un libro informativo sul fenomeno, dal titolo 'Stop Trafficking in Women and Children', che gli attivisti della Rete distribuiscono e illustrano nelle scuole per sensibilizzare i ragazzi.
"La poverta' e' sicuramente uno dei fattori che alimenta il fenomeno: le famiglie, oppure le giovani stesse, spesso sono disposte a tutto pur di sfuggire a certe situazioni e si lasciano convincere dalle promesse dei trafficanti. Bisogna creare sviluppo ed empowerment. Noi lavoriamo sulle famiglie e i giovani per trasmettere il messaggio che l'educazione e' la strada migliore per uscire da questa condizione".
Da Palermo, la coordinatrice di Anaht ha lanciato un appello all'Europa: "Noi cerchiamo di bloccare le ragazze prima che partano dalla Nigeria, ma chiediamo all'Europa di bloccare la domanda. Bisogna lavorare sulla prevenzione della domanda di sfruttamento sessuale, che proviene dagli uomini dei Paesi di destinazione e non nei Paesi di origine".
(Red/ Dire)