Roma, 25 apr. - "Ben 121 giorni fa Leyla Guven ha iniziato lo sciopero della fame, oggi in 7mila hanno aderito per rompere l'isolamento di Abdullah Ocalan e del popolo curdo, che in Turchia subisce persecuzioni da parte del governo. Al governo italiano chiedo: smettete di vendere armi alla Turchia". Cosi' Erol Aydemir, attivista curdo rifugiato politico in Italia, che a sua volta digiuna dal 21 marzo scorso. Occasione dell'intervento, un incontro organizzato alla Camera dei deputati sull'esito delle recenti elezioni in Turchia e sulla instabilita' nel territorio.
Secondo i relatori, la sconfitta del partito di maggiornaza, il Partito per la Giustizia e lo sviluppo (Akp), nella maggior parte dei comuni e i tentativi dell'Akp di sovvertire il risultato a proprio favore e' l'ultima dimostrazione delle gravi violazioni del governo di Erdogan non solo contro la minoranza curda, ma contro tutta la popolazione in generale. A delineare il quadro e' Yilmaz Orkan, membro dell'Ufficio d'Informazione del Kurdistan in Italia (Uiki): "Nonostante la evidente sconfitta di Erdogan, alle opposizioni viene impedito di insediarsi nei rispettivi seggi. Nei principali centri come Ankara, Istanbul, Smirne o Antalia, l'Akp ha perso sebbene la forte campagna propagandistica - le citta' erano tappezzate dei volti dei loro candidati - nonche' l'operazione nelle regioni curde per influire sui risultati".
Secondo Orkan, "in queste aree sono stati inviati oltre 140mila militari per votare. E questo- evidenzia il rappresentante Uiki- nonostante la Costituzione in Turchia non consenta ai militari di votare". Yilmaz Orkan denuncia anche il clima di repressione: "Dal fallito colpo di stato del 2016, "oltre 300mila persone sono state arrestate. Pesanti condanne hanno colpito in particolare esponenti delle opposizioni, in particolare quelle filo-curde, ma anche giornalisti, avvocati attivisti. L'accusa e' sempre la stessa: terrorismo".
"La comunita' internazionale ignora le violenze e gli abusi di Erdogan in Turchia, eppure il mondo con noi e' in debito: 11mila curdi sono morti in Rojava per sconfiggere l'Isis, senza contare le migliaia di feriti e mutilati" aggiunge l'attivista in sciopero della fame, Erol Aydemir.
"Sul tema delle armi abbiamo presentato piu' di una interrogazione parlamentare, su cui pero' ancora attendiamo una risposta" dichiara Nicola Fratoianni, deputato e segretario di Sinistra Italiana. "Il regime di Erdogan non solo ha nel mirino i curdi- prosegue Fratoianni- ma applica anche una linea nazionalista che distrugge la convivenza tra culture e comunita'".
"In questi giorni, anche per effetto dell'escalation di violenze in Libia lo spettro jihadista e' tornato nel discorso politico, eppure ignoriamo gli sforzi dei curdi nel Rojava" aggiunge il disegnatore Zerocalcare, che ricorda anche la recente uccisione dell'italiano Lorenzo Orsetti, morto combattendo nel Rojava. "Trovo ipocrita che alcuni politici italiani lo ricordino e poi non facciano nulla per i diritti della comunita' curda, in Turchia come in Siria".
Infine, sulla situazione del leader del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) Abdullah Ocalan, il portavoce Uiki ricorda che dalla sua incarcerazione nel 1999, "subisce violazioni dei suoi diritti costituzionali. Per periodi lunghi anche diversi anni gli viene negato di parlare coi famigliari o gli avvocati, di usare la corrispondenza, o leggere i giornali. Eppure e' un detenuto come gli altri. L'Europa dovrebbe intervenire" conclude Yilmaz Orkan.
(Red/ Dire)