Roma, 18 apr. - "Al Bourhan, Bourhanek win? Al Bourhan, dov'e' la tua prova? In arabo 'bourhan' significa prova, e noi vogliamo la prova del fatto che Bourhan sia di un'altra pasta rispetto a Bashir". Sorridente nel suo appartamento a New York, dove lavora come traduttore professionista, Abdelgabar Abdallah risponde via Skype alle domande dell'agenzia 'Dire' su quanto sta accadendo nel suo Paese, il Sudan.
"Al Bourhan, bourhanek win?" e' uno degli slogan che i manifestanti hanno coniato dopo il colpo di scena di venerdi' scorso, spiega Abdallah, quando il generale Abdelfattah Al Bourhan ha preso il posto di Awad Ibn Aouf a capo della giunta militare che aveva rovesciato il governo trentennale di Omar Al-Bashir meno di 48 ore prima.
Abdallah e' tra i fondatori del collettivo di traduttori Sudanese Translators for Change. Attraverso le sue pagine sui social network, il gruppo ha fatto da megafono per le proteste sudanesi a livello mondiale, traducendo slogan e notizie e raggiungendo migliaia di utenti.
"Due settimane dopo l'inizio della sollevazione, con pochi altri colleghi, ci siamo detti che bisognava fare qualcosa per sostenere quel movimento" spiega Abdallah. "Abbiamo iniziato in quattro, siamo diventati una quarantina in poche settimane, e traduciamo, oltre che in inglese, anche in francese, tedesco e greco".
Oltre ai comunicati della Sudanese Professionals Association (Spa), che da subito ha assunto un ruolo trainante nell'organizzazione delle proteste, i "traduttori per il cambiamento" scrivono talvolta anche testi propri. E Abdallah, 61 anni, e' stato anche giornalista, oltre che drammaturgo e insegnante di teatro. "La maggior parte dei drammaturghi attivi oggi in Sudan sono miei allievi" sottolinea ora, con una punta d'orgoglio. E sulle proteste in corso in questi giorni, e' risoluto: "Si e' parlato tanto di 'nuova primavera araba', ma poco delle radici piu' profonde di questo movimento".
Nel 1964, infatti, una sollevazione popolare pose fine al regime militare di Ibrahim Abboud, che fu seguito da un governo civile di quattro anni. Piu' tardi, nel 1985, fu il governo del colonnello Jafa'ar Nimeiri a essere rovesciato da quella che viene ricordata come "Intifada d'aprile". Proprio commemorando quella "intifada" o "rivolta", nove giorni fa, il movimento sudanese anti-Bashir ha innescato la nuova, decisiva ondata di manifestazioni.
Di quel 6 aprile di 34 anni fa Abdallah racconta che si trovava nel famigerato carcere di Kober, lo stesso dove fu giustiziato l'intellettuale musulmano progressista Mahmoud Mohammed Taha. "Facevo spettacoli in strada, molto spesso erano critici nei confronti del governo ed era normale finire dietro le sbarre per motivi del genere" ricorda Abdallah. "Fui liberato dai manifestanti, durante la rivolta".
"In prigione sono stato testimone dell'amputazione delle mani a povera gente accusata di furti di poco conto - racconta ancora l'attivista - e sai perche' ora le ragazze sono cosi' arrabbiate con questo regime? Perche' le leggi islamiche in vigore le opprimono in maniera drammatica. In Italia avete la mafia, da noi c'e' la mafia islamista. E' questo che rende il regime attuale diverso da quelli precedenti". "L'Unione Europea, in tutto cio' - aggiunge Abdallah - ha intessuto una relazione scandalosa con il Sudan, pur di fare accordi sulle migrazioni".
Abdallah non visita la 'sua' Omdurman da diversi anni, ma, come altri connazionali sparsi per il mondo, "ha in mente dei progetti" per il suo Paese: in particolare, sta lavorando a un'iniziativa per favorire il dialogo inter-etnico. "È la terza volta che i sudanesi rovesciano un regime autoritario con un movimento pacifico" conclude l'attivista: "Speriamo che sia l'ultima".
(Est/Dire)