Roma, 29 nov. - I profughi rohingya a Cox's Bazar, in Bangladesh, hanno indetto tre giornate di scioperi e manifestazioni per chiedere che nei documenti di identita' provvisori emessi dall'Unhcr (l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati) sia indicata chiaramente l'etnia "rohingya". Questa indicazione infatti e' assente dall'elenco delle etnie dell'agenzia Onu.
La questione e' delicata, poiche' riguarda direttamente anche le autorita' bengalesi e birmane. I governi di Dhaka e Naypyidaw non riconoscono infatti l'esistenza di questa minoranza, attribuendo l'origine della comunita' all'altra nazione: per il Bangladesh si tratterebbe di "birmani", per il Myanmar viceversa di "bengalesi". La controversia va avanti da decenni e condanna queste persone a non avere la nazionalita' e i diritti ad essa connessi.
"Abbiamo sempre chiesto che il Myanmar riconosca la nostra etnia, garantisca la cittadinanza e la parita' di diritti" ha detto Mohib Ullah, un leader della comunita' rohingya esule in Bangladesh, stando a quanto riportato dalle fonti di stampa locali. "Siamo pero' preoccupati perche' la parola 'rohingya' e' assente nella lista delle famiglie che saranno rimpatriate".
L'iniziativa di protesta giunge a una settimana del fallimento del piano di rimpatrio promosso dai due Paesi. I rohingya - circa 700mila in Bangladesh dall'agosto 2017 - si sono rifiutati di tornare in Myanmar denunciando la mancanza di sicurezza e di piani che permettano loro di ricominciare la vita nei villaggi di origine. Al loro appello hanno aderito tutte le ong che a Cox's Bazar forniscono loro aiuti, insieme alle Nazioni Unite, che hanno definito "genocidio" le violenze subite dai rohingya da parte dell'esercito birmano.
(Red/ Dire)