Roma, 15 nov. - 'Reputo questa conferenza un successo. Palermo sara' ricordata come una pietra miliare in questo sforzo comune per aiutare i nostri amici libici a tracciare una via verso un futuro che li porti fuori dalla situazione in cui il Paese e' scivolato'. Cosi' il Rappresentante Speciale del Segretario Generale dell'Onu per la Libia, Ghassan Salame', in conferenza stampa con il premier Giuseppe Conte.
DEL RE: A PALERMO NESSUNA MAGIA, MA LA DIREZIONE È GIUSTA 'A Palermo non ci saranno ricette magiche ne' soluzioni predeterminate; faremo pero' un passo nella direzione giusta, sotto il segno dell'inclusione': Emanuela Claudia Del Re, viceministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, parla con l'agenzia 'Dire' alla vigilia della Conferenza per la Libia.
Un appuntamento segnato da focus su sicurezza ed economia, che sara' seguito e rafforzato da un altro incontro, sempre ospitato dall'Italia, con le organizzazioni e le voci della societa' civile libica. Ultima conferma, sottolinea Del Re, della volonta' di puntare su una cooperazione nuova: 'Forma fondamentale di politica estera, che superi lo schema tradizionale donatore-beneficiario e punti oggi anzitutto sull'Africa, il continente del futuro'.
- Viceministro, a Palermo cosa consentirebbe di parlare di successo? 'La premessa e' che vogliamo creare un momento di incontro nel quale la comunita' internazionale mostri coesione e sostegno all'azione dell'inviato dell'Onu Ghassan Salame'. Il premier Giuseppe Conte ha gia' manifestato la soddisfazione del governo per aver ricevuto conferme di alto livello. Sono state fatte consultazioni con stakeholder libici, regionali e internazionali. Io stessa mi sono recata in Libia piu' volte. Si e' voluto dare un approccio globale per ottenere un risultato all'insegna della piena inclusione e dell'ascolto delle istanze libiche. A Palermo non ci saranno ricette magiche o soluzioni predeterminate per la crisi libica. Faremo pero' un passo nella direzione giusta: l'obiettivo e' stabilizzare il Paese, superando lo stallo del processo politico con elezioni che si tengano il prima possibile, quando ci saranno le condizioni amministrative, politiche e di sicurezza. Quello di Palermo, d'altra parte, non e' un appuntamento sporadico. È costruito nel solco di tante iniziative, come ad esempio la Conferenza di Parigi del maggio scorso, ed e' coerente con gli sforzi dell'Onu per il rilancio del percorso politico. In collaborazione con attori chiave come Francia e Stati Uniti, Egitto e Russia, ci concentreremo sulle dimensioni della sicurezza e dell'economia'.
- Quali sono in questi ambiti gli obiettivi specifici? 'La Conferenza sara' utile per consolidare il cessate il fuoco promosso dall'Onu nell'area di Tripoli e per valorizzare il supporto internazionale alla creazione di forze di sicurezza regolari libiche. Lavoreremo poi per la riunificazione delle istituzioni economiche e finanziarie del Paese. In tempi piu' dilatati e' previsto invece un evento dedicato alla societa' civile libica, che sara' ospitato sempre dall'Italia'.
- All'ultimo Comitato congiunto della Cooperazione e' stata approvata una dotazione di 70 milioni per i progetti promossi dalle organizzazioni della societa' civile. Ci sara' molta Africa? Quali saranno le priorita'? 'Faccio una premessa: la novita' che sta emergendo a livello globale e' che la cooperazione internazionale e' la forma fondamentale della politica estera. Credo ne faro' un mantra personale. Bisogna usare la cooperazione nell'ottica dell'Agenda 2030, che ha dato a tutti un percorso da seguire. E c'e' l'Africa, certo: il fatto di essersi resi conto che merita grande attenzione e che deve diventare il continente del futuro non deve essere un traguardo ma piuttosto un trampolino, che ci dia impulso e slancio. Ora la nostra responsabilita' e' guardare anche oltre ai Paesi che sono esempio virtuoso, come il Senegal, che hanno instaurato un rapporto con l'Italia pluridecennale, ci hanno offerto una bella migrazione e una diaspora che ha saputo crescere e integrarsi'.
- Bisogna andare al di la' dell'emergenza o dei 'Paesi modello'? 'I dati ci dicono che questo continente crescera' molto, raddoppiando la popolazione in pochi decenni. Oggi gli africani ci chiedono di aiutarli a essere preparati: entreranno in gioco negli equilibri globali, che richiedono giovani preparati'.
- Anche attraverso bandi rivolti al settore profit, l'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics) sta puntando sull'imprenditoria privata e in particolare sulle Pmi. È la linea da seguire? 'E' una chiave fondamentale. Si sta studiando il rapporto tra profit e no profit e la stessa Aics ha sviluppato strategie per far si' che la cooperazione non sia solo un percorso unidirezionale da donatore a beneficiario ma invece questione di bi-direzionalita': chi propone e chi riceve possono essere entrambi partecipi. C'e' allora un appello al contributo delle imprese, che hanno 'skills', cioe' le capacita' necessarie per sviluppare progetti e coinvolgere le popolazioni locali investendo in risorse umane. Ho visto il valore del loro contributo quando mi sono recata in Paesi in difficolta', come l'Albania, dove gli investimenti dopo la caduta del regime comunista hanno portato grandi benefici'.
- Da alcuni mesi si attende la nomina del nuovo direttore dell'Aics. È un passaggio rilevante per il rilancio anche politico dell'Agenzia? Ha notizie rispetto all'iter di selezione dei candidati e rispetto ai tempi di una scelta? 'Il concorso si e' sviluppato in un periodo in cui c'e' stato un cambio di governo e questo decisamente ha rallentato un po' i tempi. Si sono insediate nuove persone, tra le quali io stessa. Sono pero' partiti i bandi per le ong e stanno partendo altre iniziative. Questo rallentamento non fa piacere a nessuno ma andra' a risolversi in tempi brevi. Credo a ogni modo che sia dovuto principalmente a questo cambio di governo, a una questione di tempi tecnici'.
- Il tema dei migranti e' al centro del dibattito e anche delle polemiche politiche in Italia. Il 15 dicembre a Milano si terra' il Summit delle diaspore, un appuntamento finanziato dalla Cooperazione italiana, che vuole anche contrastare una narrazione tutta al negativo. Che risultati si aspetta? 'Sono orgogliosa di partecipare a questa iniziativa fondamentale di incontro, che da' la possibilita' di discutere faccia a faccia temi pregnanti. La presenza degli stranieri, il rapporto con i Paesi di origine, il ruolo delle diaspore nella capacita' di trasmettere rimesse sociali e non solo rimesse economiche sono questioni da affrontare con un dialogo aperto e franco. Dobbiamo essere tutti al passo con i tempi, mantenere il ritmo della storia, che e' molto incalzante e ci dice che i continenti come l'Africa avanzano e meritano tutta la nostra attenzione e il nostro investimento. Nel caso delle diaspore ci troviamo di fronte a uno strumento fondamentale di integrazione con un contributo grande di energia, capacita' e - non dimentichiamolo - esperienza. Una volta una signora mi disse: 'Sono gia' passata per l'emigrazione, so di cosa parlo'. È una frase che mi ha cambiato la vita. La migrazione non e' solo qualcosa che accade; e' compenetrante, trasforma le persone'.
LIBIA. L'ATTIVISTA SALEM: NIENTE PACE SE FINANZIATE LE MILIZIE La crisi libica non solo non viene risolta, ma continua ad essere aggravata da Paesi stranieri che finanziano le milizie armate, considerandole interlocutori credibili. Ne e' convinto Karim Salem, ricercatore presso il Cairo Institute for Human Rights Studies e rappresentante della Libya Platform, una coalizione di 15 associazioni libiche. Salem interviene a Roma nel corso della conferenza stampa alla Camera promossa dall'Arci 'Le verita' scomode sugli accordi con la Libia e le sue milizie'. La giornata scelta per l'incontro e' quella in cui si chiude a Palermo il vertice internazionale voluto dall'Italia sulla Libia.
I relatori esprimono forti riserve sull'appuntamento siciliano, incapace di fornire una soluzione efficace all'instabilita' libica - che prosegue dal 2011 - in quanto continua a sostenere che in Libia si scontrino due fazioni. Ma le fazioni in guerra sono molte di piu': come ha spiegato Karim Salem, accanto all'esercito nazionale e alle brigate di Khalifa Haftar esiste tutta una galassia di gruppi armati dove 'non c'e' solo l'Isis ma anche gli estremisti salafiti'.
Tutto avviene in una dinamica fluida, poiche' formazioni, alleanze o inimicizie variano a seconda della convenienza. 'E la presenza dei gruppi armati militari e paramilitari non solo mette in pericolo la popolazione, che continua a subire violenze, ma paralizza il lavoro di tutte le istituzioni' avverte Salem. 'Il potere legislativo, esecutivo e giudiziario non funzionano a causa loro'. Lo dimostrerebbero l'inefficenza dei due governi di Tripoli e Tobruk, ma anche 'l'impossibilita' dei giudici a svolgere il proprio lavoro, dal momento che subiscono continuamente minacce. E questo favorisce l'impunita''.
I governi occidentali, tramite gli accordi stipulati con alcuni attori locali, finiscono per finanziare le milizie, accusa Salem, 'e questo aumenta la criminalita' e allontana dalla pace'.
L'attivista avverte: 'Si pensa che i migranti siano gestiti dal ministero dell'Interno ma in realta', sono le milizie locali a governare il fenomeno'.
Insomma, i tavoli di pace organizzati finora dalle potenze straniere 'hanno fallito perche' non tengono conto della fragilita' della situazione sul terreno. Ad esempio, si parla di disarmo. Ma al momento non e' stata redatta alcuna lista chiara delle milizie da integrare nell'esercito nazionale, ne' si e' deciso come farlo'.
Salem conclude tracciando percorsi e via d'uscita possibili: 'Bisogna formare un comitato sotto l'egida dell'Onu, che implementi un piano trasparente. Le istituzioni libiche devono impegnarsi a ricostruire la societa', a partire dalla lotta all'impunita' e riorganizzando il settore della sicurezza. Se arrivano armi, bisogna sapere chi le sta fornendo e a chi'.
HAFTAR SPIAZZA E RIPARTE: 'CON PALERMO NULLA A CHE FARE' Ogni evento internazionale ha il suo protagonista e alla conferenza di Palermo sulla Libia non si puo' dire che il generale Khalifa Haftar non abbia cercato di strappare questo ruolo. Dall'incertezza circa la sua partecipazione, che ha costretto alla 'rincorsa' la diplomazia italiana e i quotidiani di tutto il mondo fino alle 20 di ieri sera, alle dichiarazioni che hanno accompagnato il suo arrivo nel capoluogo siciliano.
'Io con la conferenza di Palermo non ho nulla a che fare' ha detto Haftar ieri sera, appena arrivato, ad 'Address Libya', quotidiano di Bengasi, l'unico a cui abbia accordato un'intervista. Il generale ha riferito di aver gia' inviato una propria delegazione 'quattro giorni prima', incaricata dei colloqui. 'Io incontrero' i capi di Stato dei Paesi che circondano la Libia' ha scandito. 'Parleremo del modo in cui possono sostenere la Libia e di tutti quei temi che vanno a beneficio dei nostri Paesi'. Quindi si e' detto pronto a incontrare 'il primo ministro italiano e gli altri ministri europei', ma non gli esponenti delle altre delegazioni, con cui 'non ho nulla a che fare'.
Si tratterebbe dei delegati delle Nazioni Unite, principali sostenitrici del Governo di accordo nazionale di Tripoli, guidato dal premier Fayez Al-Serraj. Poi, degli altri attori che in Libia detengono il potere: Serraj appunto e poi Aghila Saleh, il presidente della Camera dei rappresentanti con sede a Tobruk, con cui Haftar sarebbe ai ferri corti.
Come ricorda il portale 'Libya Studies', fonti vicine ad Haftar confermano che il generale e' particolarmente deluso dalla condotta di questo organismo, che non ha voluto promulgare una legge elettorale, 'che potrebbe aprirgli la strada per diventare il prossimo presidente della Libia'.
Haftar, pero', con Serraj si e' incontrato. E gli ha detto, come hanno confermato fonti diplomatiche prima di lasciasse l'Italia, che 'non si cambia cavallo mentre si attraversa il fiume'. Una metafora che potrebbe rimandare alla scelta del prossimo candidato presidente ma anche a possibili cambiamenti di alleanze.
Perche' nonostante gli appelli alla pace, al disarmo delle milizie e alle riforme economiche per favorire la riunificazione della Libia, lanciati dai leader a Palermo, Haftar e' ancora certo di un fatto: 'La Libia e' ancora in guerra'.
Per questa ragione ad 'Address Libya' il generale si e' detto convinto dell'urgenza di 'garantire la sicurezza ai confini, e sappiamo bene tutti cosa accade nel sud, e in Paesi come Tunisia, Algeria, Niger, Ciad, Sudan ed Egitto a proposito dell'immigrazione illegale'.
Haftar ha lanciato un messaggio anche ai partner africani, evidenziando l'urgenza di ottenere 'il loro punto di vista' sulla questione, nonche' 'aiuto, almeno per monitorare bene i confini in modo da non permettere ai migranti di passare'. Secondo Haftar, 'l'immigrazione clandestina ci porta vari problemi tra cui quello delle milizie, tra cui al-Qaeda e Isis'. Un messaggio che rimbalza direttamente sui tavoli delle diplomazie europee.
CRESCINI (ASGI): ITALIA APPALTA RESPINGIMENTO DEI MIGRANTI 'Nell'ottobre 2017 abbiamo presentato ricorso al Tar del Lazio per lo sviamento di parte delle risorse del Fondo Africa - circa 2 milioni e mezzo di euro - per la messa in efficienza di quattro motovedette libiche. Cio' ha portato al rafforzamento delle autorita' libiche, che hanno creato un vero e proprio blocco delle partenze. E' sempre piu' difficile la fuga per queste persone dalla Libia, e sempre piu' spesso le autorita' riescono a intercettarle in mare e riportarle indietro. Si tratta di una vera e propria delega dei respingimenti che viene cosi' strutturata dall'Italia'. Questa la denuncia di Giulia Crescini, avvocato di Asgi, l'Associazione per gli studi giuridici sull'immigrazione, intervenuta questo pomeriggio a Roma all'incontro 'Le verita' scomode sugli accordi con la Libia e le sue milizie'.
Il decreto Salvini su Sicurezza e immigrazione, che attende il via libera della Camera, cosi' Crescini alla 'Dire', 'e' solo l'ultimo tassello di questa politica di esternalizzazione delle frontiere. Se prima gli Stati e l'Unione europea hanno impedito gli arrivi sulle coste, oggi col decreto Salvini i richiedenti asilo vengono sempre piu' spostati verso le frontiere. Tale esternalizzazione avviene gia' sul territorio italiano, pensiamo alla detenzione preventiva fino a 30 giorni per tutti coloro che arrivano senza documenti in regola'.
Crescini durante la conferenza stampa organizzata da Arci illustra un altro 'paradosso' nelle politiche sui migranti: coi piani di finanziamenti alla Libia, si fa in modo di 'trattenere o rimandare i migranti in Libia. D'altro canto pero', l'Alto commissariato per i rifugiati sta lavorando per portare fuori i rifugiati dalla Libia, considerato un paese non sicuro. Eppure 'l'Ue e l'Italia dicono di sostenere Oim e Unhcr. Di fatto, strumentalizzano le agenzie Onu'.
Critico dei fondi europei all'Africa e' infine Paolo Pezzati di Aoi, l'Associazione che rappresenta le ong italiane, convinto che venga 'elargito con criteri di condizionalita': si chiede qualcosa in cambio delle risorse'. In pratica, denuncia l'esperto, 'si chiede a quei governi di trattenere i migranti. Si attivano cosi' procedure non troppo trasparenti, a fronte del ragionevole rischio di finanziare regimi che non sono campioni su diritti umani'.
Un esempio: 'oltre 260 milioni di euro dell'Eu Trust Fund for Africa sono stati stanziati per la Libia, e una gran parte sono diretti al controllo delle frontiere'. In questo modo secondo Pezzati 'si rischia di istituzionalizzare le milizie armate - che gestiscono i migranti nei centri di detenzione - che se prima trafficavano esseri umani, ora fanno i 'secondini'', vale a dire bloccano le persone impedendo loro di partire, e sfruttandole in altri modi. Con questo nuovo metodo, secondo Pezzati, 'riescono a risultare affidabili e credibili ai partner occidentali'.
(Red/ Dire)