Il volontario di proactiva dopo la conferma del fermo della nave
Roma, 29 mar. - "Il mio primo pensiero va al capitano spagnolo della Open Arms, Marc Reig, costretto a restare a Pozzallo in quanto responsabile della nave, e ai circa sette membri dell'equipaggio che hanno deciso di rimanere al suo fianco". A parlare con l'agenzia DIRE e' Lorenzo Leonetti, volontario della ong Proactiva.
Proprio oggi il gip di Catania, Nunzio Serpietro, ha confermato il sequestro della nave Open Arms, ferma al porto di Pozzallo dal 15 marzo dopo il salvataggio di circa 220 migranti, nonche' l'accusa di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Caduta invece l'ipotesi di associazione a delinquere formulata dal procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro. A far intervenire la magistratura, una contesa sulla competenza a operare l'intervento umanitario sopraggiunta tra la Open Arms e la Guardia costiera italiana e libica.
"Immagino la sofferenza del personale bloccato a Pozzallo" dice Leonetti. "Questa situazione gli impedisce di riprendere le missioni di salvataggio in mare".
Il volontario era a bordo dell'imbarcazione della Proactiva come cuoco quando e' avvenuto l'incidente. Per Leonetti si e' trattato della prima missione nel Mediterraneo centrale. "Cio' che mi ha stupito - racconta - e' la grande professionalita' del suo equipaggio, dai macchinisti ai volontari in coperta: medici e infermieri ad esempio sono tutti specializzati in medicina d'urgenza, i piloti delle lance sono esperti della navigazione d'emergenza... E tengo a ricordare che nessuno viene pagato. Per non parlare poi del momento in cui abbiamo iniziato a ricevere i migranti a bordo. Tutto e' andato in automatico. Ognuno di noi sapeva cosa doveva fare, e mi sono reso conto che da parte di tutti, con umilta', c'era la volonta' di fare tutto il possibile per aiutare quelle persone durante l'ultimo tratto del viaggio".
Prima, lo screening medico, poi la presa dei dati personali, "tutte informazioni che una volta a terra si consegnano alle autorita'", spiega Leonetti. Una macchina del soccorso veloce ed efficiente, secondo il volontario: "Per questo e' dura vedere il modo in cui e' finita sotto accusa. E' molto faticoso".
Un impegno di solidarieta', questo di Leonetti, portato avanti (e ai fornelli) anche a Roma. Con alcuni soci, sette anni fa, ha aperto il ristorante 'Grandma Bistrot'. Qui, insieme con i colleghi, ha partecipato a progetti di formazione per ragazzi italiani o immigrati. "Un giorno mi sono reso conto che, essendo un cuoco, e possedendo un ristorante, potevo fare qualcosa per aiutare gli altri. Secondo me chiunque resti ai margini della societa' puo' essere reinserito. A volte subisco critiche per questo - certi cuochi temono che uno straniero non sia in grado di eseguire correttamente le ricette italiane - ma non mi interessa".
L'ultima avventura di Leonetti si chiama 'Caffe' Nemorense': e' il nome di un bar nell'omonimo Parco Nemorense, nel quartiere Trieste, gestito al 50% con la cooperativa sociale Barikana' composta dagli ex braccianti agricoli di Rosarno, che oggi riforniscono di yogurt e ortaggi tutta la provincia di Roma: "Vogliamo dare lavoro a piu' persone possibile", conclude Leonetti.
(Red/ Dire)