Nicaragua, il salesiano a Masaya: Ortega, basta uccidere i civili
Don Alfaro Salazar: Il governo invia bande e organizza saccheggi
Roma, 19 lug. - "Il popolo nicaraguense non perde la speranza, pero' la situazione e' molto tesa e bisogna che il mondo conosca la triste realta' che sta vivendo in questo momento il nostro popolo". Padre Jose' Bosco Alfaro Salazar, salesiano, parla da uno degli epicentri della protesta popolare di questi mesi in Nicaragua, la citta' di Masaya, culla del folklore nicaraguense. È infatti direttore del locale collegio salesiano Don Bosco. La telefonata del 'Sir' lo raggiunge ieri, proprio nel momento in cui in citta' e' tornata la paura: "Quando ci siamo svegliati erano in corso nuovi scontri, ma presto la situazione e' tornata alla normalita'". L'attacco paramilitare, dunque non ha avuto successo.
"Ci troviamo in uno dei quartieri che sono diventati il bastione di questa protesta civica, il glorioso barrio di Monimbó. Ultimamente abbiamo vissuto di tutto: proteste civiche, scontri tra i giovani e le forze speciali e paramilitari del governo. Il popolo ha sopportato qualunque tipo di assedio. Per mandato del governo sono stati organizzati saccheggi ai negozi, il mercato municipale e' stato incendiato per punire questa citta'".
Prosegue il sacerdote salesiano: "La citta' di Masaya si e' difesa innalzando barricate, bloccando ogni tipo di accesso. Di positivo va registrato il fatto che e' venuta la Commissione interamericana dei diritti umani (Cidu), la cui delegazione ha intervistato e ascoltato le vittime, facendo rapporto all'Organizzazione degli Stati americani (Osa)".
Come e' noto, inoltre, nell'ambito del Dialogo nazionale mediato dalla Conferenza episcopale, sono stati invitati nel Paese anche l'Alto commissariato per i diritti umani delle Nazioni Unite e la Commissione europea, perche' possano verificare gli atti di violenza contro i diritti umani che qui sono stati commessi.
Prosegue padre Alfaro: "Anche negli ultimi giorni il popolo ha manifestato pubblicamente, con grandi marce di protesta che si sono svolte a Managua, e con due scioperi nazionali durati un giorno intero, come forma di pressione per chiedere che il presidente Ortega e la vicepresidente, la moglie Rosario Murillo, considerati ormai dei dittatori, lascino il potere".
Inoltre, con l'aggressione ai vescovi della scorsa settimana e con i recenti attacchi a varie chiese, "il governo di Daniel Ortega ha lanciato una forte e chiara minaccia alla Chiesa cattolica. Usando tutti i mezzi, vogliono che la popolazione creda che e' proprio la Chiesa a promuovere la violenza. Da parte loro, i vescovi confermano ogni giorno il loro impegno a fianco della popolazione, continuando a credere nel dialogo, come ha chiesto loro Papa Francesco. Gli attacchi non hanno spento la loro autorita' di pastori con l'odore delle pecore, il loro stare a fianco di coloro che soffrono, delle vittime, di coloro che sono assediati dall'ideologia di un governante attaccato al potere, che ha perso tutta la credibilita', e che promuove e proclama una pace camuffata".
(Red/ Dire)
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