Dai vestiti usati al dumping cinese: la protesta dei sindacati
Roma, 15 feb. - L'Unione del lavoratori del tessile, degli indumenti e della pelle (Teglu) ha chiesto al governo del Ghana di dimezzare i costi di materiali, servizi di pubblica utilita' e imposte per salvare il settore dalla crisi.
"Se il governo non riesamina le nostre richieste scenderemo in piazza" ha detto il segretario generale della Teglu, Abraham Koomson, chiedendo come misure di emergenza la rimozione dell'Iva su tessuti e stampe prodotte localmente e il monitoraggio delle importazioni a basso costo.
La richiesta dell'Unione dei lavoratori, si legge sul portale di informazione 'GhanaWeb', arriva mentre sono in corso trattative tra governo e imprenditori per una revisione dei prezzi, ma non e' chiaro se in effetti le tariffe diminuiranno o aumenteranno.
"La ripresa dell'industria tessile - ha spiegato Komson - dipendera' da politiche efficaci piuttosto che da misure sperimentali in questo momento di declino per il settore manifatturiero".
Gia' lo scorso luglio i lavoratori erano scesi in piazza per chiedere nuove regole per l'importazione e la vendita dei tessili africani al fine di prevenire le contraffazioni e il contrabbando che stanno sottraendo mercato all'industria manifatturiera a scapito dei lavoratori e dell'economia ghanese.
Buona parte dei vestiti che indossano gli africani sono di fabbricazione asiatica e "mivumba", ovvero capi dismessi provenienti dai Paesi europei e nord-americani.
Secondo Komson, circa il 90% della forza lavoro locale ha perso il lavoro: dai 27mila impiegati degli anni '70 ora se ne contano appena 3mila.
(Red/ Dire)