Roma, 6 dic. - "La Nigeria non e' un Paese sicuro per le donne, ma non possiamo lottare da sole contro Boko Haram. Ogni giorno il sistema educativo, sanitario e sociale e' sotto attacco. Ma le giovani non dovrebbero vivere coi terroristi. Tutti - dal governo alla societa' civile - dobbiamo alzarci e dire basta. Ora basta". Lancia un appello da Roma, Florence Ozor, fondatrice del movimento Bring Back Our Girls, nato quattro anni fa, dopo che 276 studentesse erano state sequestrate dai miliziani del gruppo islamista nel villaggio di Chibok.
Una pratica diffusa, che si spiegherebbe con l'esigenza di fornire spose e schiave ai combattenti. "A oggi 163 studentesse sono state liberate, ma altre 113 restano in mano ai miliziani. È fondamentale rilanciare ora l'appello, affinche' tutte siano riportate a casa e si ponga fine al dramma delle spose bambine", dice Antonella Napoli, giornalista e moderatrice dell'incontro con Ozor, presso la Casa internazionale delle donne, organizzato dalla Fondazione di partecipazione arriva Attua.
"I terroristi prendono di mira donne e minori" riprende Ozor. "Nei villaggi, le famiglie fanno molti sacrifici per mandare le figlie a scuola, quindi le minacce o i sequestri creano anche difficolta' economiche. Molti genitori rinunciano, e quando accade i terroristi vincono. Agire e' responsabilita' di tutti perche' il cambiamento passa per il coinvolgimento delle donne in tutti i campi e nei ruoli dirigenziali. Perche' non accade? Tradizionalmente non ricevono un'educazione sufficiente".
Ma in Nigeria non c'e' solo il problema dei sequestri, come denuncia Antonio Marchesi, direttore di Amnesty International Italia, citando 'Our job is to shoot, slaughter and kill - Boko Haram's reign of terror', un rapporto che rende conto di bombe nei mercati, attacchi ai villaggi, violenze sessuali ed esecuzioni sommarie.
Tra il 2017 e il 2018 Amnesty ha calcolato 65 attacchi da parte del gruppo armato, con oltre 400 morti. "Le violazioni commesse da Boko Haram possono inquadrarsi sia come crimini di guerra che come crimini contro l'umanita'" sottolinea Marchesi. "È cruciale perche' cio' fa si' che, per il diritto internazionale, i responsabili - qualora dovessero lasciare la Nigeria - potrebbero subire un processo anche nei tribunali stranieri, oltre che in seno alla Corte penale internazionale".
A questo si aggiungono anche gli abusi perpetrati dall'esercito nigeriano. Secondo stime rilanciate durante l'incontro, dal 2009 in Nigeria e nei Paesi vicini Boko Haram ha ucciso oltre 27mila persone. Circa tre milioni di minori, poi, non potrebbero andare a scuola.
(Red/ Dire)