(DIRE - Notiziario settimanale Esteri) Roma, 12 ott. - Bisogna mettere i milioni di giovani dei Paesi in via di sviluppo che entrano nel mercato del lavoro nelle condizioni di non dover scappare dalle aree rurali per sfuggire alla poverta': a sostenerlo e' l'Organizzazione dell'Onu per l'agricoltura e l'alimentazione (Fao), in un rapporto pubblicato oggi.
Nello studio si evidenzia che le aree rurali hanno un vasto potenziale di crescita economica legato alla produzione alimentare e ai settori ad essa connessi. E con la maggioranza dei poveri e degli affamati al mondo che vivono in queste aree, si legge nel rapporto, 'Stato dell'alimentazione e dell'agricoltura 2017', il raggiungimento dell'agenda di sviluppo 2030 dipendera' dal riuscire a sbloccare quel potenziale ancora inutilizzato.
Per far questo occorrera' superare la spinosa combinazione di bassa produttivita' dell'agricoltura di sussistenza, dell'ambito limitato dell'industrializzazione, della rapida crescita della popolazione e dell'urbanizzazione, che rappresentano sfide per la capacita' dei Paesi in via di sviluppo di alimentare e dare lavoro ai propri cittadini.
Il rapporto fa notare come sia ampiamente dimostrato che i cambiamenti nelle economie rurali possono avere un grande impatto. Apartire dagli anni '90 alle trasformazioni delle economie rurali si deve il merito di aver aiutato centinaia di milioni di persone rurali a venir fuori dalla poverta'.
Tuttavia, questo progresso e' stato irregolare e la crescita demografica sta aumentando il problema. Si prevede che tra il 2015 e il 2030, la fascia di popolazione compresa tra i 15 ei 24 anni di eta' aumentera' di circa 100 milioni raggiungendo 1,3 miliardi di persone. Quasi tutto questo aumento avra' luogo nell'Africa sub-sahariana - e la parte del leone la faranno le zone rurali.
Ma in molti Paesi in via di sviluppo - soprattutto in Asia meridionale e nell'Africa sub-sahariana - la crescita dei settori industriali e dei servizi ha subito un ritardo e non saranno in grado di assorbire il numero enorme di persone in cerca di lavoro che entreranno nel mercato del lavoro.
Ne' ci riuscira' l'agricoltura - nella sua forma attuale.
Cosi' le popolazioni rurali che si trasferiranno nelle citta' corrono il rischio di aggiungersi ai ranghi dei poveri urbani, invece di trovare un percorso fuori dalla poverta'. Altri dovranno cercare un'occupazione altrove, conmigrazioni stagionali o permanenti.
Per questo motivo rappresenta un intervento strategico il sostegno politico e gli investimenti nelle aree rurali per costruire sistemi alimentari produttivi e sostenere agro-industrie ben collegate alle zone urbane, in particolare alle citta' di piccole e medie dimensioni, che creeranno occupazione e consentiranno a piu' persone di rimanere e prosperare.
Le economie rurali trasformate non saranno necessariamente una panacea che risolve tutte le pressioni che spingono le persone ad andar via, ma genereranno i tanto necessari nuovi posti di lavoro e contribuiranno a rendere l'emigrazione piu' una scelta, che una necessita'.
"Troppo spesso ignorati da decisori politici e pianificatori, le reti di cittadine e di piccoli centri urbani rappresentano punti di riferimento importanti per le popolazioni rurali - e' qui dove comprano i semi, mandano i figli a scuola e dove accedono ai servizi sanitari e altro" osserva il direttore generale della Fao, Jose' Graziano da Silva, nella sua nota introduttiva al rapporto.
"Invitiamo i decisori politici a riconoscere il ruolo catalitico dei piccoli centri urbani come mediatori tra il mondo rurale e urbano, e a fornire ai piccoli agricoltori maggiori opportunita' per commercializzare i loro prodotti e per condividere i benefici della crescita economica".
'Lo Stato dell'alimentazione e dell'agricoltura' sostiene che le trasformazioni necessarie nelle economie rurali possono essere messe in moto sfruttando la crescente domanda di cibo nelle aree urbane per diversificare i sistemi alimentari e generare nuove opportunita' economiche da attivita' agricole e non agricole.
Questo include le imprese che trasformano, o imballano, o trasportano e immagazzinano, o commercializzano o vendono alimenti, cosi' come aziende che forniscono fattori produttivi come sementi, utensili, attrezzature e fertilizzanti o forniscono irrigazione, lavorazione del terreno o altri servizi.
Il rapporto fa notare che la domanda crescente proveniente dai mercati alimentari urbani ammonta attualmente fino al 70% dei prodotti alimentari nazionali, anche nei Paesi con grandi popolazioni rurali.
Nello studio sono suggerite tre linee di azione. La prima prevede la realizzazione di una serie di politiche volte a garantire che i piccoli produttori siano in grado di partecipare pienamente a soddisfare le esigenze alimentari urbane. Misure per rafforzare i diritti di proprieta' fondiaria, garantire equita' dei contratti di fornitura e migliorare l'accesso al credito sono solo alcune possibili opzioni.
La seconda e' quella di costruire le infrastrutture necessarie per collegare le aree rurali ai mercati urbani - in molti paesi in via di sviluppo la mancanza di strade, di energia elettrica, di impianti di stoccaggio e sistemi di trasporto con celle frigorifere e' un grande ostacolo per gli agricoltori che cercano di sfruttare la domanda urbana di frutta fresca, verdura, carne e latticini.
La terza comporta di connettere le economie rurali non solo con le grandi citta', ma anche di lavorare con aree urbane piu' piccole e piu' diffuse.
(Red/ Dire)