Magri (DIRETTORE): Bisogna normalizzare rapporti con l'Egitto
(DIRE - Notiziario settimanale Esteri) Roma, 16 nov. - "E' possibile costruire un'agenda positiva nel Bacino del Mediterraneo? Si' ma e' faticoso. In alcuni casi serve flessibilita', in altri fermezza, in altri pragmatismo". Lo spiega Paolo Magri, direttore Ispi, presente al panel 'Mediterraneo Mare Nostrum: le sfide non finiscono in Libia', ultimo appuntamento di una giornata alla Camera dedicata al tema 'La politica estera ed europea dell'Italia, le proposte del Pd'.
In Italia, secondo Magri, "abbiamo tre problemi: siamo molto coinvolti economicamente con quell'area, con cui commerciamo di piu' rispetto ai paesi europei, ma da cui riceviamo anche i migranti. Il caos per noi e' quindi piu' rischioso. Secondo, essendo una potenza intermedia, ci troviamo in posizione di 'stato cuscinetto': lo vediamo con la Libia, non possiamo fare molto, anche in sedi Ue e Onu. Terzo, l'opinione pubblica e' molto distratta sul tema: le crisi nel Bacino non sono percepite: la Siria preoccupa un italiano su dieci, l'approvvigionamento energetico uno su cento, la crisi in Libia solo l'un per cento degli intervistati, allorche' la crisi economica spaventa il 40 per cento".
Il diretttore Ispi cerca di indicare dunque una strategia per ogni ambito di crisi: "Sul dossier Libia serve flessibilita': finora abbiamo promosso una soluzione multilaterale, ma a fronte di una frammentazione ancora in atto non e' scorretto aprire il dialogo anche con gli attori subnazionali (milizie, gruppi).
Sull'Iran e il futuro dell'accordo sul nucleare serve fermezza, anche a rischio di difficolta' con gli Usa nel caso in cui lo blocchino davvero. E va fatto insieme all'Europa, non solo per gli interessi economici che rappresenta - si perderebbero 4 miliardi di euro - ma anche per le relazioni internazionali: un'intesa cosi' faticosamente costruita crea un precedente pericoloso con gli altri paesi, che non crederanno piu' in noi".
Quindi con l'Egitto "serve pragmatismo. Col Cairo- prosegue Magri- abbiamo due problemi: la svolta autoritaria e la vicenda Regeni. Di recente si e' spinto per la via del congelamento, io invece credo nella normalizzazione, frutto di un doloroso realismo che serve sia ad andare avanti nel caso Regeni che ad evitare problemi su altri teatri in cui l'Egitto ha un ruolo. In Siria infine dobbiamo percorrere la via della ricostruzione, non per pagare i conti di cio' che altre potenze hanno distrutto, ma perche' e' una forma di stabilizzazione".
(Red/ Dire)