(DIRE - Notiziario settimanale Esteri) Roma, 2 nov. - Jeanette Chiapello, sfuggita da bambina al genocidio dei Tutsi in Ruanda e data in adozione in Italia, si e' riunita con il padre 70enne, Leonard Sebarinda, dopo 23 anni dalla loro separazione, nel 1994. Dopo essere stata contattata da un suo fratello, Chiapello si e' sottoposta ad un test del Dna che ne ha confermato l'identita' e si e' recata a Ntarama, poco lontana dalla capitale Kigali, per incontrare la sua famiglia di origine. Sebarinda aveva visto Chiapello, il cui nome originale e' Beata Nyirambabazi, per l'ultima volta quando lei aveva appena due anni. Per sfuggire alla pulizia etnica, Chiapello aveva trovato rifugio assieme a sua sorella gemella, suo fratello e sua madre nella chiesa Nyamata, dove si erano asserragliate 10mila persone. Le milizie governative anti-Tutsi erano comunque riuscite a penetrare nell'edificio uccidendo quasi tutti i presenti e chiunque si trovasse nei paraggi della chiesa, che oggi ospita uno dei sei monumenti alla memoria del genocidio. Si stima che 50mila persone siano seppellite nell'area. Chiapello, sopravvissuta alla strage, era stata portata in un orfanotrofio nelle vicinanze, all'insaputa del padre che si era nascosto in un altro luogo.
All'epoca il padre era riuscito a rintracciarla all'orfanotrofio dove si trovava, ma di li' a poco la piccola Jeanette, assieme a tanti altri bambini ruandesi, e' stata data in adozione ad una famiglia europea. Il genocidio dei tutsi in Ruanda, compiutosi in soli 100 giorni tra l'aprile e il luglio 1994, ha causato un numero di morti stimato tra il mezzo milione ed il milione, ma il governo colpevole del massacro non ha tenuto alcun registro delle vittime.
(Red/ Dire)