(DIRE - Notiziario settimanale Esteri) Roma, 8 giu. - Questo e' il primo attacco terroristico da lungo tempo sul suolo iraniano, dove i controlli sono generalmente severi e asfissianti, e diffusi capillarmente non soltanto nella capitale Teheran. Nel 2016, tuttavia, il ministero dell'Intelligence iraniano ha annunciato di aver sventato diversi complotti terroristici all'interno dei confini nazionali (a giugno e ad agosto) che, secondo i funzionari della sicurezza, avevano come obiettivo principale attaccare proprio la capitale Teheran. L'azione coordinata e' certamente frutto delle tensioni crescenti in Medio Oriente e non appare invece legata al terrorismo "interno" europeo. Nel senso che le ragioni dell'attacco sono da ricercare nel contesto della grande guerra per procura tra Arabia Saudita e Iran - o, se vogliamo, tra sunniti e sciiti - in corso in tutto il Medio Oriente, dalla Siria all'Iraq fino allo Yemen, e oltre. Prova ne sia il fatto che le prime parole di alcuni deputati iraniani scampati alle raffiche di mitra siano state: "Morte all'America e al suo servo, l'Arabia Saudita".
Non solo. La tempistica dell'attentato non e' casuale e segue la chiusura delle frontiere con il Qatar nell'ambito della "lotta al terrorismo" dichiarata dal presidente americano Donald Trump di ritorno dal viaggio in Arabia Saudita, paese che oggi indica nel piccolo emirato la fonte dei finanziamenti ai jihadisti. Ma, in realta', la mossa della chiusura delle frontiere va inquadrata in funzione anti-iraniana, essendosi il Qatar dimostrato troppo docile e condiscendente nei confronti di Teheran. Come a dire che l'Arabia Saudita mostra i muscoli e opera per destabilizzare l'Iran, che e' tornato ad essere il nemico numero uno anche degli Stati Uniti. Infine, non si puo' non menzionare il concomitante avvio della battaglia di Raqqa, capitale de facto dello Stato Islamico in Siria. Tutti questi elementi riconducono i fili di questi atti di sangue al Medio Oriente e allo scontro sunniti-sciiti. Il terrorismo ha colpito i principali simboli (poco) laici e religiosi iraniani, ovvero il parlamento e il mausoleo dell'ayatollah Khomeini, padre di quella rivoluzione che ha trasformato il paese da una monarchia a una repubblica islamica sciita, quale e' oggi l'Iran.
Ad entrare in azione sarebbero stati almeno 4 uomini. Le modalita' d'attacco multiplo, il coordinamento, la spettacolarizzazione dell'attentato e l'uso di kamikaze inducono a ritenere che sia opera di islamisti, riconducibili soprattutto allo Stato Islamico. Questo perche' l'attacco segue altre azioni gia' poste in essere in Medio Oriente (Iraq, Egitto), Asia (Afghanistan, Filippine, Indonesia) ed Europa (Londra, Parigi oltre all'Australia): e' il richiamo al Ramadan di sangue descritto negli ultimi comunicati diffusi dagli uomini del Califfato. Lo Stato Islamico il 28 marzo scorso ha rilasciato un video di minacce nei confronti dell'Iran, sollecitando una rivolta contro gli Ayatollah e incitando i militanti iraniani apparentemente affiliati al gruppo a promuovere attacchi contro Teheran. Il video, dal titolo 'Persia: il passato e il presente', e' in lingua farsi e inizia con uno scorcio di storia persiana, che mostra jihadisti appartenenti a una supposta nuova divisione, denominata "Salman al-Farsi" (dal nome di un compagno del Profeta Maometto), mentre e' in azione nella provincia irachena di Diyala.
L'Iran e' descritto dal commentatore dell'Isis come "un rifugio per gli apostati e infedeli" e accusato di perseguitare i sunniti, poiche' sostenitore tanto dei ribelli Houthi nello Yemen, quanto delle milizie libanesi Hezbollah. Inoltre, il Paese persiano viene biasimato anche per il suo offrire protezione agli ebrei. Il 27 settembre, le forze di sicurezza hanno fatto trapelare la notizia di aver ucciso il leader dello Stato Islamico in Iran, noto con il nome di battaglia Abu Aisha al-Kurdi. L'emiro sarebbe stato freddato a Kermanshah, una citta' non lontana dal confine occidentale con l'Iraq, dopo un'operazione che e' stata descritta come "complessa e massiccia" condotta da agenti segreti iraniani. Secondo fonti iraniane, nel paese sarebbero stati attivi due diversi gruppi rifacentisi allo Stato Islamico, quello di Kermanshah e un secondo, ambedue tenuti sotto controllo sin dall'inizio delle attivita' eversive. Abu Aisha al-Kurdi avrebbe dovuto costituire una cellula dormiente per pianificare attacchi in grande stile, ma si riteneva fosse stato fermato prima che il suo gruppo potesse entrare in azione.
In ogni caso, l'Iran non e' immune dalle spinte jihadiste e dalla minaccia terroristica del Califfato. Oltre a Jaish al-Adl ("Esercito della Giustizia"), gruppo salafita afghano in quota Al Qaeda che dal 2012 minaccia l'Iran con attentati contro civili e militari, il jihadismo e' cresciuto molto negli ultimi cinque anni, e ha visto fiorire soprattutto simpatizzanti del Califfato. Secondo i servizi di sicurezza nazionali, sono almeno 1.500 i giovani iraniani cui e' stato impedito di unirsi allo Stato Islamico, un numero che non puo' non preoccupare Teheran. Sinora si conoscevano i nomi di due soli iraniani affiliati allo Stato Islamico: Abu Mohammad al-Irani, che si e' fatto esplodere a Ramadi (Iraq) nel maggio del 2016, e il giovane Reza Niknejad, un americano-iraniano scomparso dai radar dopo che era volato in Siria per unirsi ai miliziani di Al Baghdadi. Ragion per cui lotta al terrorismo in tutta la regione e' divenuta la preoccupazione numero uno del regime, sempre piu' palpabile soprattutto a giudicare da quest'ultimo assalto.
(www.lookoutnews.it) (Red/ Dire)